Elementor #1353

by Stefano Pedron

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Castagnole

Sono davvero molti i piatti tipici del Carnevale sardo. Si distinguono in salati e dolci. Vanno forti,
in entrambi i casi, le fritture. E frittura sono gli arrubiolos o orrubiolos, dal sardo rubiu, rosso, a
causa del colore che assumono dopo la frittura appunta.
Sono deliziose frittelle sferiche di ricotta, che in altre regioni chiamano castagnole. Per farle occorre
del rimacinato di semola, patate, formaggio fresco o ricotta, strutto o olio per friggere, sale o
zucchero q.b. Si impastano le patate precedentemente lessate con la semola, un pizzico di sale o di
zucchero, il formaggio o ricotta.
Si formano delle palline e si fanno friggere nell’olio o nello strutto. Si possono cospargere di
zucchero semolato o di un po’ di sale. Si gustano calde come antipasto, se salate, come dessert, se
dolci.
Ne parla, pensate un po’, già lo studioso Gino Bottiglioni nel lontano 1887 riportando un’antica
canzone sarda che propone, tra le cose buone della vita: “E bonos arrubiolos/ Cottos chin ozu
ghermanu” e buone frittelle, cotte nell’olio d’oliva…”.

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Carnevale

Segnate sul calendario il 24 febbraio. Sarà infatti Giovedì Grasso! Giorno di fave e lardo, fritture,
mascherate, sfilate.
Tanti borghi sardi festeggiano Karrasegare, come viene anche chiamato il Carnevale in sardo, con
processioni di maschere, sfilate di carri, feste in piazza e grandi mangiate e bevute, che coinvolgono
tutti i partecipanti.
I giorni più importanti della festa sono compresi tra la settimana che precede quella del Giovedì
Grasso e l’ultimo giorno di Carnevale, a cui segue il Mercoledì delle Ceneri, con riti particolari, e
l’inizio della Quaresima…
In Sardegna Giovedì Grasso si festeggia in grande stile. In particolare a Gavoi (NU), nel cuore della
Barbagia, paese ricco di eccellenze agroalimentari, tra cui le celebri patate, il cavolo e i fagioli
locali, ha luogo l’evento di “Jobia lardajola” giovedì lardaiolo, così chiamato perché in questa
occasione si preparano le fave con il lardo. L’evento centrale è “sa sortilla ‘e tumbarinos”, raduno di
centinaia di tamburini fatti in casa. Gli strumenti casalinghi sono costruiti interamente a mano con
pelli di d’animale, setacci o forme in legno o in sughero, recuperati da cantine, ovili e magazzini
contadini. Gli strumenti vengono suonati in una sorta di processione laica con grande divertimento
degli astanti, locali e turisti. A Tempio Pausania (SS) Il carnevale comincia il Giovedì Grasso con
l’ingresso trionfale in città di Re Giorgio (anticamente detto Jolgliu Puntogliu), rappresentato da un
fantoccio. Di domenica si celebra poi il matrimonio tra Re Giorgio e la popolana Mannena, vestita
in modo provocatorio; secondo la tradizione Mannena darà al re un figlio che sarà Re Giorgio per il
successivo carnevale. Il tutto è accompagnato dalla sfilata di carri allegorici, attiva sin dal 1956.

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Ricetta guttiau

Eccoli: sono i gustosissimi tacos di pane guttiau con straccetti di maiale al mirto, pecorino sardo e maionese al mirto! Un modo davvero originale e gustoso per preparare degli antipasti unici con i tuoi prodotti sardi preferiti. Vediamo subito come prepararli!

INGREDIENTI:

Pane guttiau,
300 gr di carpaccio di maiale,
Olio evo sardo,
1 spicchio di aglio
50 ml di liquore al  mirto,
Sale e pepe q.b.
Per la maionese :
2  tuorli
250 ml di olio di semi di mais
Un pizzico di sale
1/2 limone
1 cucchiaio di liquore al mirto,
Pecorino sardo.
.
PREPARAZIONE:
.
Ammorbidire il pane guttiau con un po’ di acqua, ricavare dei cerchi con una tazza o un coppapasta, poi posizionare i cerchi su uno stampo per muffin posizionandolo al contrario, creando con il pane  la forma di un tacos e cuocere in forno preriscaldato a 180° per 5 minuti e comunque fino a quando i tacos risulteranno croccanti.
Cuocere il carpaccio di maiale in una padella antiaderente con un filo di olio evo, lo spicchio di aglio, il rosmarino e sfumare con il liquore al mirto, tagliare la carne a striscioline.
Prepararare la maionese : mettere i tuorli  uova a temperatura ambiente in una ciotola o in un recipiente alto e stretto, aggiungete il succo di mezzo  limone  ed il mirto, qundi iniziare a frullare con le fruste elettriche.
Unite l’olio a filo continuando a sbattere con le fruste elettriche e a bassa velocità.
Aggiungete sale e finite di montare lare maionese.
Riempire i tacos con i dei pezzetti di maiale, un po’ di maionese e delle scaglie di pecorino.

Buon appetito

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Masterchef

Sei conosciuta in tutta Italia, molto amata in Sardegna, la tua terra. Hai iniziato a cucinare giovanissima, a
causa degli impegni di lavoro di tua mamma. Come si è evoluto il tuo stile in cucina e quanto ha contato
l’esperienza a MasterChef Italia?

Molti ragazzi quando iniziano a fare le selezioni di MasterChef sono, come dire, acerbi, alcuni hanno
studiato a casa ma di fronte ai giudici e anche a contatto con gli altri gli stimoli si moltiplicano e la tua
cucina inizia a cambiare.
L’esperienza di MasterChef ci ha insegnato tanto anche sull’estetica del piatto, bisogna creare un piatto
elegante, non eccedere con gli ingredienti, ma cercare di creare un vero quadro, con colori e armonie.
Anche le tecniche facendo MasterChef sono più complicate, quindi o studi e migliori o rimani un po’ chiuso
nella tua cucina; si impara a usare il sifone, a utilizzare le basse temperature, a marinare la carne. Tutte
queste tecniche le ho imparate nel programma e dopo MasterChef ho continuato a studiare e a fare stage, per
perfezionarmi. Fondamentali sono state anche le esperienze con gli ospiti del programma e poi il post
programma, con i lavori, stage, collaborazioni ed eventi che sono arrivati.

I tuoi piatti di casa, i tuoi prodotti preferiti sardi. Ce li vuoi raccontare?
Di sicuro un piatto di casa sono i malloreddus, che si possono rivisitare in varie versioni, anche gourmet; mi
ricordano tanto le giornate a casa con mia nonna, che trascorreva molto tempo a fare la pasta e io con lei;
ricordo nitidamente il sapore che aveva quella pasta, oggi non lo ritrovi facilmente.
Di sicuro un altro prodotto che amo è la bottarga di muggine; la uso spesso e la uso tanto; un ingrediente non
solo sardo è la farina, per fare la pasta fresca e il pane fatto in casa, due prodotti di cui mi diletto.
Amo i gamberi rossi, i crudi di mare, il pesce, tutto, che in Sardegna è ottimo e tutti i nostri formaggi che
aiutano e danno una spinta in più ai piatti, chiudendoli bene.
La pompìa [pregiato agrume locale sardo] è un ingrediente che usavo già prima di andare a MasterChef. È
un prodotto spettacolare che mi piace tanto, si può benissimo abbinare con tanti ingredienti. Ad esempio,
con alcuni colleghi di MasterChef Italia, ci siamo incontrati qualche tempo fa, dopo l’esperienza in tv, e
insieme abbiamo preparato una pasta ripiena con la pompìa, il gorgonzola e la salsa di barbabietola.
Anche il mirto mi piace molto, le bacche sono buone, da utilizzare anche nelle macerazioni della carne, con i
sughi. Il tonno rosso è un’altra specialità della Sardegna e della Sicilia, è ottimo e ha un sapore unico.

Quali sono i progetti attuali e cosa bolle in pentola per il prossimo futuro?
Dopo il programma ho lasciato il classico posto fisso in ufficio e ho fatto uno stage in un ristorante stellato;
lì ho capito una volta di più che la cucina è molto complessa, non è solo una bella fiaba come siamo abituati
a pensare.
La passione si scontra con gli orari estremi, la stanchezza fisica e mentale. Ricordo questo stage in un
ristorante stellato romano, in estate, con le scarpe antinfortunistiche, il caldo tremendo in cucina; uscivo di
casa alle 8 del mattino, lavoravo tante ore al giorno, nelle pause rimanevo nei pressi del locale perché era
dall’altra parte di Roma rispetto a dove abitavo, insomma alla fine tornavo a casa a mezzanotte ogni sera,
per cinque giorni a settimana.
Lo chef era molto in gamba, molto a modo, mi ha insegnato diverse cose e mi ha dato fiducia lasciandomi
gestire le entrée, gli antipasti, ho anche aiutato in pasticceria.
Con esperienze così impari a stare in cucina, al servizio, a fare la linea, bisogna sapersi organizzare
innanzitutto in cucina, il bel piatto viene dopo.
Da settembre in poi mi sono occupata di pasticceria in un altro ristorante, un’altra bella esperienza.
Da quest’anno lavoro da sola, sai mi piace viaggiare, scoprire materie prime particolari, andare nelle aziende
produttrici, mi piace crescere, imparare, sono curiosa, idem per l’olio e i vini, mi piace assaggiare nuovi
prodotti, conoscere i produttori, valorizzare i prodotti nei miei piatti, presentarli al pubblico.
Questa curiosità non può essere soddisfatta se non girando. Questo lavoro di scoperta di eccellenze
agroalimentari l’ho fatto in Lazio e in Sardegna; è mia intenzione continuare a fare piccoli eventi per
pubblicizzare questi prodotti, dalla primavera in poi. E poi lavoro come chef a domicilio perché mi permette di avere un contatto diretto con il cliente, si può
chiacchierare, i clienti più curiosi provano anche loro a fare qualcosina perché cucini di fronte a loro. Fare la
chef a domicilio mi permette di cucinare ma anche di studiare, conoscere e avere rapporto diretto con i
clienti. Con l’attuale pandemia di Covid il momento non è dei migliori e la ristorazione un po’ sta soffrendo,
così come l’organizzazione degli eventi.
Si vive benissimo a Cagliari, la Sardegna è splendida ma ho lasciato casa e un lavoro sicuro perché non mi
voglio accontentare e voglio crescere nel campo della cucina.

*MasterChef Italia è il cooking show di Sky prodotto da Endemol Shine Italy ogni giovedì alle 21.15 su Sky
Uno, sempre disponibile on demand, visibile su Sky Go e in streaming su NOW.

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Cantina Puggioni

Mamoiada è divenuta una delle principali località del vino sardo. Il borgo si trova nel cuore
dell’Isola, nella regione storica della Barbagia, in una zona collinare caratterizzata da un ambiente
puro e con terreno adattissimo alla viticoltura; è senz’altro nella top ten delle località sarde più
importanti per il Cannonau. Attualmente vi sono decine e decine di Cantine, la maggior parte a
conduzione familiare… Molte aziende vitivinicole si sono fatte onore sulla scena nazionale e
internazionale, conquistando premi e riconoscimenti; tra di esse si contraddistingue anche la
Cantina di Giampietro Puggioni, che produce Cannonau, Vermentino e Grappa. La sua bottiglia più famosa è il Cannonau Mamuthone che reca l’immagine di quella che è forse la più famosa maschera
del Carnevale sardo, la maschera in legno del mamuthone appunto, essere ancestrale e semidivino
del folklore sardo, secondo alcuni studiosi un fondamentale tramite tra mondo umano e
soprannaturale.  Di sé Puggioni così parla nel proprio sito web: «La cantina parte da mio nonno a mio padre per
arrivare a me, e continuare, spero, con i miei figli. La passione per il vino e la dedizione alla
lavorazione della terra, hanno reso possibile tutto questo. Nel 2005 ho acquistato l’ex cantina
sociale di Mamoiada, deciso a dare una svolta alla mia attività. Volevo rendere omaggio a tutti i
sacrifici fatti negli anni, facendo conoscere ed apprezzare il vino da noi prodotto. La ricerca del
“buon gusto” e della qualità, fanno parte della politica con la quale mando avanti la mia azienda.
Questi elementi, uniti alle più avanzate tecniche di lavorazione nel campo vitivinicolo, hanno fatto
sì che i miei prodotti si affermassero sia in ambito nazionale che europeo».

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I raviolini dolci sono una specialità della Sardegna, inconfondibili per profumi e sapori. Denominati
in vari modi, da cruxioneddu de mindua, a culungioneddos de mendula, possono essere ripieni di
ricotta o formaggio o pasta di mandorle (forse i più noti) o ancora di mela cotogna o di sapa o
d’altro ancora.
Sono caratteristici del Carnevale e delle festività in genere. Si friggono in olio bollente e poi
possono essere cosparsi di zucchero semolato, zucchero a velo, miele o anche cacao e poi
consumati caldi.
Ecco la ricetta dei raviolini di mandorle:
Ingredienti per la pasta: 1 kg di semola di grano duro, 1 etto di strutto. Ingredienti per il ripieno: 500
g di mandorle dolci sgusciate, 500 g di zucchero, un limone, un bicchierino di liquore a piacere,
acqua q.b., olio per friggere. Zucchero semolato o a velo o miele per guarnire.
Ecco la preparazione: si impasta la semola con lo strutto; si aggiunge un po’ di acqua fino ad
ottenere un impasto liscio ed elastico e si lascia riposare. In una terrina si mettono le mandorle
ridotte a farina, dopo averle sgusciate, sbucciate e macinate. Nel frattempo si scioglie lo zucchero
sul fuoco, si versa nella ciotola insieme alla buccia del limone a listarelle sottili e al liquore scelto.
Intanto si tira la pasta e si dispongono sulla sfoglia i mucchietti di pasta di mandorle. Si preparano i
ravioli nel formato preferito, quadrato o rondo o a mezzaluna, ritagliando i bordi con la rotella.
Infine si mettono a friggere in olio o strutto caldi; si scolano appena la pasta è dorata e si
guarniscono con zucchero o miele.

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Paolo Francesco, sei nel settore biomedicale da diversi anni ma sei un grande appassionato di
cucina. Come nasce questa tua passione e come hai sviluppato la tua innegabile competenza?

La passione me l’ha trasmessa mio padre, in casa cucinava lui. C’è stato un periodo in cui è rimasto
a casa, come disoccupato, e ha iniziato a cucinare molto. Io ero la sua ombra, mi piaceva molto.
Così ho iniziato da piccole cose, come tritare cipolla e aglio. I miei primi esperimenti sono iniziati
quando avevo dodici anni. Mio padre ha ricominciato a lavorare, fortunatamente. In passato aveva
lavorato anche al mercato di San Benedetto, come pescivendolo, andava in Sicilia e in Corsica a
prendere il pesce, e nel fine settimana cucinavamo insieme. Mio padre quindi conosceva bene il
pesce e mi ha insegnato a riconoscerlo e cucinarlo a puntino.
In pratica poi il testimone è passato a me, le mie sorelle cucinavano ma meno di me.
Non mi sono mai fermato da allora. Ho preso l’abilitazione professionale, in teoria potrei aprire un
ristorante. Con un grande amico, Claudio Carìa, che è diplomato alle belle arti, ed è specializzato in
fotografia e riprese video, abbiamo iniziato l’avventura di “Cinema in cucina Official” con le
videoricette.
A volte seguo la tradizione altre volte rivisito creativamente. Ho preparato i malloreddus con il
ragout di polpo, ad esempio. Non manco mai di rispetto alla tradizione, la rinnovo.

Quali sono i tuoi prodotti sardi del cuore?
Le paste fresche! mi piace farle. Mi piacciono i culurgiones d’Ogliastra, le seadas, che faccio in casa
quando posso.
Inoltre amo tutto il pesce fresco e i crostacei. Amo anche capretto e agnello, abbiamo la fortuna di
avere ottimi prodotti locali.

Ci dai una ricetta speciale, dedicandola ai lettori del magazine Imprentas?
La fregua con arselle. Ho frequentato un corso dallo chef Pomata, che mi ha insegnato ad aprire i
frutti di mare al microonde; li metto in un contenitore in vetro, in modo che non si perda l’umore
delle vongole; si aggiungono pomodorini, prezzemolo, aglio, olio evo. Dopo cinque minuti si
mescolano sinché non sono ben aperte, occorrono circa sei minuti. Il contenitore deve essere ben
chiuso. In quel momento si separano i gusci dai molluschi, si filtra l’acqua e si usa per preparare sa
fregua. Si può fare anche con il succo delle cozze.
La tostatura della fregua la faccio a secco, sfumo con mezzo bicchiere di vino Vernaccia, continuo a
bagnare con il brodo delle vongole sino a cottura desiderata. La cottura va a gusto. Alla fine
guarnisco con i molluschi, prezzemolo e un po’ di bottarga, a piacere.
Troverete questa e altre ricette e videoricette nei miei canali social: Youtube, Instagram e Facebook.

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Risotto Zafferano e Funghi Porcini (1500 x 1000) (1)

Il risotto allo zafferano e funghi porcini è una dei piatti forti dell’inverno, quando il freddo impone
comfort food capaci di generare piacere, senso di tepore e di pace interiore. Naturalmente parliamo
di un risotto allo zafferano con zafferano preferibilmente sardo e con riso coltivato in Sardegna, uno
dei migliori d’Italia.
Per i porcini potrete utilizzare funghi freschi, oppure secchi, fatti rinvenire in acqua tiepida e poi
strizzati delicatamente, o ancora funghi porcini surgelati, secondo le vostre abitudini e preferenze. È
essenziale preparare un buon soffritto con olio evo di Sardegna e cipolla dolce, poi versare il riso e
farlo tostare; nel frattempo preparerete del brodo vegetale o del brodo di manzo (ben filtrato), che
aggiungerete via via al riso, mescolando sempre perché non si attacchi.
In alternativa a questa procedura si può proseguire, sempre dopo soffritto e tostatura, con la pentola
a pressione, che velocizza la cottura.
A cottura ultimata del nostro risotto si mette una bustina di zafferano in polvere oppure tre/quattro
stimmi di zafferano per ogni commensale. Infine si fa mantecare con una noce di burro e
abbondante formaggio Pecorino sardo fresco grattugiato o in alternativa con un classico formaggio
da grattugia della penisola, a piacere.
A questo punto il nostro risotto allo zafferano e funghi porcini è pronto per essere portato in tavola,
accompagnato da una bottiglia di vino rosso sardo naturalmente. Perfetti vini come Carignano,
Cagnulari o un classico Cannonau, o anche una birra sarda artigianale rossa, se si preferisce
l’abbinamento brassicolo.

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SInsaccamento dei salumi

Se state cercando il procedimento di insaccamento dei salumi siete capitati nella pagina giusta.
Innanzitutto si dicono insaccati quei salumi fatti prevalentemente di carne suina (in secundis ovina e
ovina), macinata e condita, che poi appunto viene insaccata in un budello, a mano (all’antica) o con
una insaccatrice, che ha la funzione di pressarla bene eliminando aria all’interno del budello, per
una maturazione e conservazione ottimale.
Gli insaccati principali sono salsicce, salami di diverse lunghezze e dimensioni, cotechini. Gli
insaccati possono essere consumati senza cottura, se stagionati, o cotti, se “freschi”, come la
salsiccia. Le cotture principali sono bollitura, cottura in umido e cottura alla griglia.
La preparazione di un salume segue tre fasi principali: macinazione della carne, salatura e
speziatura, stagionatura. Quest’ultima è cruciale, perché nella maturazione avvengono i processi che
trasformano la carne in un salume fatto e finito, con quegli aromi e sapori che apprezziamo. I
salumi non insaccati invece sono prodotti da pezzi di carne interi, come il prosciutto o lo speck, e
non necessitano perciò di essere insaccati con un involucro.
L’insaccatura o insaccamento avviene dopo la concia delle carni macinate, con sale e spezie (nel
caso di salumi commerciali anche nitriti, nitrati, farine ed altri additivi); il rivestimento può essere
naturale, se è il budello dell’animale, quindi edibile; oppure artificiale, fatti di collagene, materiale
cellulosico o anche di origine plastica: al 90% i rivestimenti artificiali non sono edibili.
Il budello naturale richiede una delicata e lunga lavorazione prima di essere usato, ecco perché gli
insaccati industriali spesso sono fatti con budelli artificiali.
Uno dei segreti del bravo maestro salumiere consiste nell’applicare dei forellini sul budello che
permettano l’uscita della parte acquosa; l’insaccato è poi chiuso con uno spago e lasciato asciugare
per 36-72 ore secondo la stagione e l’ambiente di lavorazione. Dopo questa fase di asciugatura avviene la stagionatura vera e propria in celle frigorifere (o in cantine asciutte e a temperatura bassa e costante) per il tempo necessario, anche secondo il calibro del budello utilizzato.

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Il formaggio di capra è uno dei prodotti lattiero-caseari più sani e in grado di mantenere in esercizio
e buona salute la nostra flora batterica intestinale.
Il formaggio di capra sardo, che costituisce il grosso della produzione italiana, visto che la Sardegna
possiede circa il 40% dei capi caprini d’Italia, è davvero speciale, ricco com’è di proteine ed
oligoelementi, e proviene esclusivamente da capre locali, di razza sardo-maltese o sarda,
riconosciuta come razza locale dal MIPAAF (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e
Forestali).
Il formaggio di capra è prodotto in piccoli o micro caseifici a conduzione familiare, negli anni ha
visto diversificate le tipologie.
Al giorno d’oggi il “carrello” dei formaggi di capra è davvero ampio. Si va dal formaggio di capra
fresco, in rotolini ad esempio, con o senza erbe, a quello spalmabile; da quello a crosta fiorita, di
rara bontà e gusto, al formaggio di capra a pasta conciata, dove l’unico limite è la fantasia del
casaro. Il carrello del formaggio di capra arriva sino ai formaggi semi-stagionati, tutti
apprezzatissimi dai gourmand per il loro gusto deciso e piccante.
Dei benefici alla salute del formaggio di capra abbiamo già parlato in questo articolo
https://blog.imprentas.eu/2021/10/18/formaggi-di-capra/ a cui rimandiamo per un
approfondimento.

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