Elementor #1353

by Stefano Pedron

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Sant’Antonio Abate è una festa molto sentita in Sardegna, dove in numerosi paesi si festeggia con
processioni, questue infantili, grandi falò notturni ed altri riti.
Naturalmente non mancano grandi mangiate e bevute. Oltre al tradizionale consumo di carne suina,
di sanguinaccio dolce e salato, salsicce, vino rosso, agrumi e frutta secca, per la festa, 17 gennaio, si
prepara anche un tipico pane, che in molti casi, arricchito di semplici prodotti zuccherini, diventa un
vero e proprio dolce.
La nostra scrittrice Premio Nobel per la Letteratura Grazia Deledda ne Le tradizioni popolari di
Nuoro scrive nel 1896 di falò e di una panata di miele e pasta, testimoniando la vetustà di queste
tradizioni sarde, che perdurano ai giorni nostri: “Per Sant’Antonio (17 gennaio) si usano accendere
grandi fuochi entro l’abitato e nei cortili. (…) in moltissimi villaggi si fanno dolci speciali per
questa festa, e particolarmente la ‘panata’ di miele e di pasta”.
In molte regioni d’Italia vige la tradizione di preparare dei panini per Sant’Antonio Abate,
protettore degli animali e degli agricoltori, che vengono benedetti in chiesa e distribuiti ai fedeli,
affinché ne diano un pezzettino ai propri animali domestici, per proteggerli dalle malattie. Il pane di
sant’Antonio è un rituale magico-religioso, precristiano chiaramente, che la Chiesa cattolica ha fatto proprio. Una leggenda veneta, ad esempio, narra che la vigilia di Sant’Antonio gli animali,
magicamente, siano in grado di parlare. In Sardegna sono davvero tanti i dolci che vengono preparati in questa occasione, il più famoso dei quali è su pistiddu, tipico della Sardegna centro-orientale, dolce ornato a mano ricco di sapa e frutta
secca.

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Argiolas o Cantine Argiolas o Argiolas Winery sono un’azienda vitivinicola e agricola italiana a conduzione familiare, fondata nel 1938 da Antonio Argiolas. Ha sede a Serdiana, nella provincia del Sud Sardegna, nella regione storica del Parteòlla. La cantina Argiolas produce alcuni famosi e premiati vini sardi. Negli anni Settanta del secolo
scorso, invece di espiantare vigne come fecero altri viticoltori, gli Argiolas investirono in
innovazione produttiva. Grazie anche alla consulenza del famoso enologo Giacomo Tachis, questa
trasformazione ha dato vita a vini di eccellenza, che hanno vinto rilevanti premi internazionali e
hanno ottenuto alti punteggi e riconoscimenti da esperti e riviste di settore.
La cantina attualmente è gestita dai fratelli Franco e Giuseppe, figli del fondatore; l’enologo della
cantina, anch’esso pluripremiato, è Mariano Murru, che abbiamo intervistato sul nostro Magazine
qualche tempo fa (clicca qui per leggere l’intervista).
I vini sono fatti principalmente con vitigni tradizionali sardi: Bovale, Cannonau, Carignano,
Malvasia nera, Monica di Sardegna, Nuragus di Cagliari, Vermentino.
La cantina Argiolas porta avanti anche un progetto di selezione e conservazione dei vitigni
autoctoni sardi: Vermentino, Cannonau, Monica, Bovaleddu, Malvasia, Carignano, Nuragus,
Nebbiolo, Moscato, Caricagiola e Nasco, con un campo collezione che conta circa 5000 piante
provenienti da 499 piante capostipiti selezionate.
Le vigne della cantina Argiolas si trovano in diverse località, per un totale di circa 250 ettari. Le località principali sono: Serdiana, nei pressi della bella sede della cantina; Sisini e Selegas, site nella
regione storica della Trexenta; la tenuta di Porto Pino, dislocata nella regione storica del Sulcis,
dove si estende per 15 ettari ed ospita prevalentemente vigne di Carignano.
Argiolas Winery produce anche sapa di vino, grappa e olio evo con olive delle varietà Tonda di
Cagliari e Pitz’e Carroga di uliveti siti nella campagna circostante.

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Natale, in sardo Paschixedda, è un evento speciale in Sardegna, anche a tavola naturalmente. Tra i primi piatti prevalgono le paste ripiene, accompagnate da sugo di pomodoro semplice o con l’aggiunta di tocchi di carne. Una generosa spolverata di pecorino guarnisce il piatto da portata. 

Tra i secondi piatti vanno forti le carni arrosto, di capretto, agnello, maialetto, e gli stufati di carne con le verdure invernali, come carciofi, cavoli, cardi, patate. 

Nelle zone costiere troviamo tra le pietanze festive anche tanto pescato, principalmente arrosto e al forno, le immancabili anguille e i deliziosi frutti di mare.

I dolci delle feste sono i classici torroni, alle mandorle, alle noci, alle nocciole, le meravigliose caschettas di Belvì, su pan’e saba, una sorta di panettone con la sapa, mosto d’uva, dolce e piacevolmente aromatico. Non mancano mostaccioli (mustazzolos) e amaretti (amarettos). 

Ormai la pasticceria tipica in Sardegna comprende anche i panettoni, che l’enorme esperienza dei panettieri e pasticceri sardi in fatto di lievitazione naturale rende particolarmente buoni, fragranti, gustosi. 

Questi prodotti vengono arricchiti con ingredienti locali, come mirto, scorza d’arancia, mandorle, ricotta ed altro ancora, seguendo la creatività del maestro pasticcere o panificatore. C’è solo l’imbarazzo della scelta insomma.

Tra le ricette più semplici da realizzare per Natale e di sicura riuscita troviamo l’agnello con carciofi, prodotti entrambi tipici in inverno. Si soffrigge in un tegame della cipolla tritata e un paio di spicchi d’aglio in olio evo. Si unisce la carne d’agnello tagliata a spezzatino e si fa rosolare. 

Si continua la cottura a fuoco lento, si uniscono i cuori di carciofo sardo spinoso preparati in precedenza e tagliati in quattro parti. Si allunga con un po’ di brodo o con Vernaccia di Oristano sino a cottura ultimata.

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Inverno. Tempo di taglieri di formaggi, accompagnati da ottime confetture e da un buon bicchiere di vino rosso sardo, sincero e schietto.

Tra le confetture più gettonate, che è possibile realizzare anche in casa, vi è quella di pere e pepe, che si accompagna splendidamente al carrello dei formaggi casalingo.

La confettura si prepara come è d’abitudine. Attenzione a scegliere le pere giuste, dolci, mature e succose, lo zucchero più adatto (consiglio quello grezzo di canna integrale) e il pepe più confacente; molti preferiscono il pepe rosa, ad esempio, a cui si può aggiungere un po’ di cannella.

Si mondano le pere, si mescolano a zucchero, pepe in grani, eventualmente cannella e una stecca di vaniglia se piace; si fa cuocere il tutto in un tegame antiaderente e raffreddare. Nel frattempo si sterilizzano i vasetti sottovuoto, poi si riempiono e si mettono in luogo fresco ed asciutto.

Dopo qualche giorno si può consumare, accompagnandola ai formaggi ovini, caprini e vaccini preferiti.

La confettura di pere e pepe è splendida con tutti i pecorini, da quelli più freschi a quelli più maturi, sino al Fiore sardo e al Pecorino romano stagionato. La confettura di pere e pepe si abbina anche ai formaggi vaccini stagionati, come le tipiche perette del nuorese.

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Bollicine, bollicine, e ancora bollicine. Aria di festa, di allegria, di serene vacanze invernali con i parenti più stretti e gli amici più cari. Ormai la Sardegna produce decine di etichette di vini spumanti, ottenuti con varie metodologie, davvero interessanti e tutti amati dai wine lovers

Gli spumanti vengono ricavati con vitigni tradizionalissimi, come Vermentino, Semidano, Malvasia, Torbato, ed altri ancora. 

Incredibilmente suadenti anche gli spumanti rosé, che con il loro splendido colore piacciono tanto come aperitivi e con gli antipasti, o in accompagnamento a dolci sfiziosi. 

E per l’abbinamento con i cibi? I tipici sentori di crosta di pane, frutta a polpa bianca, mandorle e toni balsamici si accompagnano splendidamente ad ogni portata del cibo delle feste, dagli antipasti, ai primi, ai secondi sino ai dessert, dai più semplici ai più raffinati e complessi.

Come riconoscere a colpo d’occhio la qualità in uno spumante? Innanzitutto contrariamente ai vini fermi non va mai -dico mai- fatto roteare nel flûte, l’apposito bicchiere, lungo e stretto, che si usa per spumanti e champagne. Perché operazione inutile, anzi dannosa, in questo caso. 

In secondo luogo occorre guardare in controluce il perlage dello spumante. Tanto più fitte e persistenti sono le bollicine quanto più è di qualità. 

Infine, ancora prima di assaggiarlo, attraverso l’olfatto potrete rendervi conto della qualità se appunto sentirete i tipici sentori dello spumante, in primis profumi crosta di pane e di frutta e bacche bianche. Più sono complessi e persistenti, più promettono un assaggio strepitoso. Non resta che brindare!

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Volitiva e con uno spiccato senso per il bello a 50 anni ha lasciato una carriera consolidata nella comunicazione e si è reinventata partendo da sé stessa. Oggi, con il blog che porta il suo nome, è ambasciatrice dello stile italiano. Da più di 5 anni si dedica allo studio e alla divulgazione delle più belle realtà del Made in Italy sul profilo Instagram e sul blog www.marialauraberlinguer.com. 

1. Sei imprenditrice, persona influente e opinion leader. Di origini sarde vivi a Roma ma torni spesso sull’isola. Qual è la tua ricetta del cuore e quali i tuoi prodotti preferiti?

Ciao e grazie per avermi voluto con te. Sono sarda non solo di origini, sono nata e cresciuta in Sardegna, ho studiato e ho lavorato in Sardegna, e solo dopo i trent’anni sono andata via definitivamente lasciando il cuore nella mia terra. Prima o poi tornerò, ne sono certa.

Ricetta del cuore… non sono sicura di averne una. Sono golosissima e sono cresciuta in una famiglia dove la cucina (e ciò che si preparava) aveva un posto importante. La tavola era anche il momento in cui la famiglia si riuniva, si parlava e si condivideva il quotidiano. Mia madre è un’ottima cuoca e devo a lei tutto ciò che so sulla preparazione delle diverse pietanze e sui riti che legano la buona tavola al territorio. Sono stata educata a mangiare qualsiasi cosa e a celebrare ciò che viene portato in tavola. Tra i ricordi indelebili dalla mia memoria il rituale della preparazione delle paste: per le impanate, i ravioli, le seadas e tutte le meravigliose ricette che ogni famiglia sarda si tramanda. L’immagine delle donne che lavorano l’impasto intorno a un tavolo di marmo, con le grandi ceste infarinate dove piano piano veniva appoggiato tutto quello che le loro abili mani producevano, resterà con me sempre. E non è certo da tutti i giorni riuscire a replicarlo.

Ecco, forse tra le mie ricette preferite ci sono le impanatine fritte, quelle ripiene di carne e piselli, o il ragù di mia nonna senza pomodori, macchiato leggermente con un cucchiaio di concentrato o l’agnello con le olive. Nel quaderno scritto a mano, che ho portato con me ovunque abbia vissuto, ho un condensato di una cucina antica e preziosa che varia dal cinghiale al cioccolato dell’entroterra sardo al sufflè di formaggi e alle vellutate di verdure. A proposito di verdure non posso non menzionare le zucchine ripiene, quelle fritte ovviamente e poi riempite con la loro polpa lavorata e cucinata separatamente. Insomma, la cucina in casa mia è una cosa seria.

2. Natale 2021 secondo Maria Laura Berlinguer. Sei un’icona di stile e una fashion e design advisor; ci farebbe piacere qualche consiglio su come rendere più bella ed accogliente la casa e la tavola per le festività natalizie che si avvicinano a grandi passi.

Less is more. Per me vale sempre dall’abbigliamento alla casa passando per le parole. Non si deve strafare ma bastano poche accortezze per rendere elegante una tavola o una casa. Prima di tutto utilizzare le “cose” di famiglia, se si hanno. Le tovaglie ricamate, le argenterie, i servizi di piatti che ci portiamo dietro. Niente è più bello di ciò che abbiamo perché racconta una storia, la nostra. Se si possiedono pochi pezzi è divertente mischiare insieme bicchieri vecchi e nuovi, o piatti diversi. Ho scritto tante volte che non si dovrebbe lasciare cimeli nelle vetrine o negli armadi, bisogna usare tutto. Se non si possiedono servizi di famiglia allora consiglio di andare nei mercatini e di acquistarne usati. Meglio usati che paccottiglia di dubbia provenienza e di manifattura certamente industriale. Si possono acquistare posate in argento o peltro, tovaglie ricamate, porcellane deliziose. E poi se vogliamo scoprire i tanti prodotti del nostro territorio dobbiamo ricordarci che siamo in Italia e siamo circondati da manifatture meravigliose nel tessile, nell’arredo e nella ceramica. Basta solo essere un po’ più curiosi. Ultimo consiglio utilizzare il verde e le luci. Non c’è niente di più bello di una casa arredata con piante, fiori e una adeguata illuminazione. Il centrotavola giusto trasforma la più semplice delle tavole in una festa; i segnaposto e le candele poi regalano l’atmosfera che rende il Natale e ogni cosa veramente speciale.

3. Ci dai una anteprima dei tuoi prossimi progetti per i nostri lettori?  

In un periodo difficile come quello che abbiamo vissuto, la pandemia che non ci lascia, la crisi che miete aziende, la sola idea di progettare è un lusso. Purtroppo, negli ultimi anni tanti dei miei progetti non hanno visto la luce e diciamo che parecchi sono nel cassetto che aspettano tempi migliori. Tra tutti, quello per cui ho iniziato il mio lavoro di scopritrice del made in Italy e cioè far conoscere in tutto il mondo la piccola e piccolissima manifattura italiana, le lane e le sete tessute a telaio, la lavorazione a mosaico della pelle e le altre mille meraviglie che rendono grande questo paese. Ecco, questo obiettivo potrebbe svilupparsi nel futuro con altre forme 😉 E per ora scaramanticamente non dico altro.

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L’intervistata di questo mese è una persona speciale; professionista della comunicazione, figura di spicco dell’Università di Cagliari e profonda conoscitrice del cibo sardo: è Elisabetta Gola.

Professoressa di Filosofia e teorie dei linguaggi nel Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia dell’Università degli studi di Cagliari, insegna anche Scrittura per i media digitali, Semiotica dei media, e comunicazione nel corso di infermieristica.  Fa parte del direttivo della Società di Filosofia del Linguaggio ed è prorettrice alla Comunicazione e Immagine.

  1. La comunicazione e i prodotti sardi. Quali sono secondo te i prodotti agroalimentari che sono più noti al pubblico grazie anche ad una buona comunicazione e quali i prodotti che pur essendo eccellenti ancora aspettano di essere raccontati e valorizzati al meglio?

D’istinto direi che il primato assoluto va alla birra Ichnusa che è quasi indistinguibile dal brand Sardegna: son cresciuti insieme a partire dal nome e senz’altro il merito è dell’investimento in strategie di marketing e comunicazione. Abbiamo altre ottime birre, artigianali, con aromi particolarissimi e profumi della nostra terra, ma restano di nicchia e forse è giusto che sia così. Non so se posso fare proprio i nomi dei brand, ma Niedditas e Arborea hanno senz’altro valorizzato molto bene i loro prodotti (da non consumare insieme, com’è noto anche grazie a una famosa barzelletta). Meglio un buon vermentino, uno dei vini sardi conosciuti al di là dei confini, assieme al cannonau e al mirto. Non so quanto per merito di una buona comunicazione, anche se alcune cantine sono cresciute molto da questo punto di vista.

Le sebadas sono un altro cibo-simbolo, anche se quasi nessuno ne pronuncia bene il nome.
Restano comunque tantissimi margini su prodotti eccellenti che andrebbero fatti conoscere e raccontati (o raccontati meglio): alcuni nostri dolci sono delle opere d’arte ancora poco conosciute. Il miele è speciale, ma spesso viene accostato a prodotti non autoctoni in modo quasi sleale. La bottarga non ha nulla da invidiare al caviale, è un prodotto conosciuto, ma può ancora contare a mio avviso su una enorme potenzialità sia culinaria che comunicativa, è l’oro del nostro mare.

  • Qual è la ricetta sarda che ami di più e quale il prodotto che non manca mai a casa?

Una ricetta che amo perché mi sorprende sempre il gusto che quasi inaspettatamente sprigiona è la “fregua” con il muggine, nella versione in sughetto piccante, che prevede nel soffritto oltre ad aglio e prezzemolo, il pomodoro secco e un po’ di peperoncino. Dopo aver sfumato col vino i tranci di muggine, si aggiunge l’alloro e il pomodoro a pezzetti per preparare il brodo al quale si aggiunge dello zafferano. Un mix di sapori da provare.  A casa non manca mai uno stock di farine di vario tipo, e dal marzo del lockdown sono entrata nel tunnel della lavorazione di pasta per pizza e pane con il lievito madre, che accudisco ancora un po’ maldestramente, ma amorevolmente. 

  • Hai importanti mansioni all’interno dell’Ateneo cagliaritano, vuoi raccontare ai nostri lettori e alle nostre lettrici cosa “stai cucinando” per i prossimi mesi dal punto di vista professionale?

Per il momento studio gli ingredienti a disposizione che sono davvero tanti. Non posso ancora svelare cosa “cucineremo”, ma posso anticipare che gli sforzi sono diretti a rendere il patrimonio di conoscenze custodito dalle persone che lavorano in ateneo sempre più condivise sia nella comunità universitaria che nel territorio, incluse le persone più giovani. L’università di Cagliari può dare molto al territorio: siamo al lavoro perché sempre più persone decidano di entrare a far parte della comunità di UniCa. Per questo non basta una sola ricetta, ma ci vuole un intero menu, in cui tutte le pietanze proposte siano valorizzate e possano essere scelte, combinate, e personalizzate. E come tutti i migliori menu contengano i superclassici, ma anche un tocco di innovazione.

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Il Vermentino di Gallura è un vino pregiatissimo che può vantare la DOCG, denominazione di origine controllata e garantita, il massimo livello per un vino.

Le vigne delle decine di blasonate Cantine che producono questo Vermentino sono situate nella famosa Gallura, terra che contiene in sé mare e spiagge, la celebre Costa Smeralda è qui del resto, e montagne di granito ricche di fonti perenni e maestosi alberi plurisecolari.  

Il severo disciplinare di produzione ne garantisce l’altissima qualità. Ricavato dal vitigno Vermentino, che alligna anche in Liguria, Toscana e Corsica, ma che trova in Sardegna i vertici della sua espressione e pienezza, questo vino bianco si accompagna a tutta la cucina di mare, dai frutti di mare crudi al pesce al forno o in padella, dalle pastasciutte alle zuppe di pesce, di cozze, di arselle, alla bottarga e al tonno fresco. 

Si abbina ottimamente anche con sushi e sashimi, con i pokè a base di pesce e con la cucina fusion nippo-brasiliana o nippo-peruviana… Alcune etichette si prestano all’invecchiamento. Allora quei vini diventano quasi da meditazione e il Vermentino di Gallura può accompagnarsi anche a formaggi stagionati e alla pasticceria secca sarda a base di mandorle, per un pairing originale ed intrigante.

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Le scelte sono veramente tante, come l’elegante cofanetto regalo con selezione di Sali aromatizzati, che contiene quattro preziosi fior di sale di Sardegna; al naturale, affumicato, al mirto, allo zafferano; completano il cofanetto due gustosi sali integrali: naturale e al mirto.

Imperdibile l’idea regalo del fine cofanetto con selezione di formaggi e confetture: contiene tre varietà di formaggio pecorino: due a breve stagionatura dal sapore dolce, delicato e aromatico, il pecorino semicotto e il pecorino calcagno e  uno semistagionato, il pecorino sardo riserva nera, dal gusto piccante e deciso; alla selezione è stata abbinata una confettura di pere e pepe e una marmellata di arance, prodotti artigianali che esaltano il sapore dei formaggi creando elettrizzanti attimi di piacere. 

Altre allettanti dee regalo gourmet sono dedicate ai Dolci e mirto e agli Antipasti sardi; un’altra idea regalo è dedicata alla degustazione di alcuni tra i più iconici e identitari formaggi di Sardegna: nel custodia troviamo il formaggio caprino “Fior di capra”, il formaggio ovino “Pecorino Riserva Nera”, il formaggio vaccino “Casizolu” e una confezione di Pane Carasau Classico.  Un altro cofanetto contiene una selezione di gustosi salumi sardi

Vi è poi l’idea regalo dedicata ai famosi mieli sardi con ben otto confezioni di eccellenze: dall’Abbattu al Miele di edera sino al famoso Miele amaro di corbezzolo. 

Da citare ancora l’idea regalo “Aperitivo sardo”: contiene asparagi sardi, raccolti a mano e originari delle radure e delle zone boschive, i teneri e croccanti cuori di carciofo sottolio, ricavati dal carciofo spinoso di Sardegna, il pecorino sardo riserva nera, e il Cannonau DOC Mamuthone di Mamoiada; da segnalare ai nostri lettori anche i cofanetti “mare di Sardegna”, con la preziosa bottarga e “Notti d’estate” con le bollicine di Dolì della Cantina di Dolianova. 

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Autunno tempo di mirto! Le coccole di questo arbusto sempreverde mediterraneo, Myrtus communis,  sono ormai mature e si raccolgono per farne il famoso liquore di mirto, ma se ne può ricavare anche una squisita confettura, da gustare a colazione con pane e burro, da utilizzare nelle tipiche crostate dei primi freddi ma anche da accompagnare a salumi e formaggi in taglieri gourmet. 

Come si prepara la confettura di mirto

Innanzitutto occorre procurarsi un kg di bacche, mezzo kg di zucchero, due mele, che servono a dare sostanza alla confettura, e un limone. Le coccole del mirto, ben pulite, lavate e asciutte, si mettono in una pentola antiaderente, con il succo di un limone e lo zucchero, lasciandole macerare per una notte. Il giorno dopo si mette la pentola sul fuoco e si fa cuocere brevemente il composto, aggiungendo un bicchiere d’acqua circa o più se il composto tende ad asciugarsi velocemente.

Poi occorre lasciare raffreddare e passare il composto in un colino a maglie strette, per far colare il succo e scartare i semi delle bacche, che sono astringenti e “allappano” e la buccia delle stesse. Questa operazione è un po’ lunga e laboriosa ma garantisce un risultato ottimale. 

Infine si rimette il composto colato sul fuoco insieme alle due mele precedentemente grattugiate e si termina la cottura. La confettura è pronta quando è densa. A questo punto occorre invasare secondo abitudine, riporre i vasetti -precedentemente sterilizzati e a chiusura ermetica- in dispensa e consumare dopo qualche settimana. Una volta aperto il vasetto conservare in frigo e conservare per tre giorni al massimo. 

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