Elementor #1353

by Stefano Pedron

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Tabarchino di nascita, valtellinese d’adozione, si può dire che Chef Mario Leoni abbia fatto
conoscere la cucina sarda, i suoi profumi e sapori inimitabili, i suoi prodotti unici, ai lombardi e
soprattutto agli sciatori di Bormio e dintorni. Creativo, innovativo e al tempo stesso legatissimo alla
sua cucina identitaria Leoni è una autorità in materia. Indimenticabile l’impronta che diede qualche
anno fa alla cucina del ristorante Eh di Bormio, stilosissimo nido culinario del luxury Hotel Eden.

Chef parlaci un po’ di te…


La passione per il cibo sono alla base di ogni mia creazione: le ore passate dentro la cucina, che è la
casa di ogni chef, per dirigere uno show scenografico, dando inizio allo spettacolo che ogni sera
all’apertura riparte per deliziare i palati più esigenti: questa è la mia vita!

Mi definisco uno chef “umile lavoratore” sempre in prima linea, definito da molti lo “chef nomade”
perché sono sempre pronto a nuove sfide, a mettermi alla prova, girando in lungo e in largo fra
ristoranti rinomati a trattorie meno conosciute per dare quel tocco in più di estro che mi ha sempre
contraddistinto.
Le mie esperienze più belle le ho avute con persone che hanno sempre condiviso con me in prima
persona la mia passione e per questo ringrazio un grande amico di vita, sempre pronto al confronto,
lo Chef Guido Vinci, uno dei migliori professionisti di Berlino.

Qual è la tua filosofia in cucina, la tua visione e missione lavorativa?


La mia filosofia? Rispondo sempre con la solita frase che è quella di mettermi sempre nei panni di
chi dovrà deliziarsi dei miei piatti, amo la semplicità delle cose, la genuinità delle materie prime e
del fatto in casa, perciò cerco sempre di rispettare e di esaltare il loro sapore e profumo,
aggiungendo in fine il mio tocco personale. Amo cucinare per gli altri abbinando sempre un buon
vino, che è essenziale.

Sappiamo che hai un rapporto speciale con la Sardegna essendo tabarchino, originario dell’Isola di San Pietro. Cosa ti piace della cucina sarda e quali sono i prodotti sardi che
consideri irrinunciabili nella tua cucina?


La Sardegna! Che dire sulla mia amata terra … Ogni volta che lascio la mia terra sento un vuoto nel
cuore, lasciare quei profumi di macchia mediterranea quell‘aria, la brezza marina l‘odore del mare e
della salicornia, del pesce fresco che ti riempie l’anima, il rumore delle barche, le chiacchiere con i
pescatori, ma anche le passeggiate in mezzo ai boschi del Logudorese dove ho appreso i segreti e le
ricette più antiche anche di quei posti.
Come chef sardo-tabarchino i prodotti che porto sempre con me e che prediligo di più sono: il
tonno rosso, la semola di grano duro, la bottarga sia di muggine che di tonno, su Zicchi (pane
tipico di Bonorva), spesso proposto da me in chiave marinara o fatto come da tradizione con un
pesto di lardo aglio prezzemolo e pomodoro secco, il pecorino in tutte le sue stagionature , l’olio
extravergine, le erbe selvatiche, il sale marino, la salsiccia, i vini sardi, il liquore di mirto e il
profumo intenso del lentisco, tutti prodotti che si possono trovare anche nella mia dispensa di casa.

Raccontaci i tuoi progetti presenti e futuri, nonostante il durissimo momento per il settore HoReCa sappiamo che sei sempre in movimento e pieno di idee, quali sono i principali?


Sarò breve perché non voglio svelare tutto subito ma vi do queste anteprime, sto partendo con un
nuovo progetto che nascerà entro la fine del 2021 qui in Valtellina (Bormio) dove ora vivo;
inoltre sto iniziando una collaborazione con la designer Ariana Guerreri (realizzatrice dei gioielli
della Largentaria tra le altre cose) che prevede la realizzazione di un menù in abbinamento alle
sue creazioni e chissà, forse c’è in ballo anche qualcos’altro, lascio un po’ di suspence ai lettori del
magazine Imprentas, a cui auguro serene festività pasquali.

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La pianta del Corbezzolo (Arbutus unedo) è uno degli arbusti sempreverdi caratteristici della macchia mediterranea sarda, vegetazione spontanea che profuma in modo così caratteristico l’aria dell’isola; in primavera ed estate produce dei fiori che sono minuscole campanelline bianche, in autunno maturano i frutti, che diventano succosi e un bel colore rosso. 

Non tutti sanno che i frutti del corbezzolo contengono molta vitamina C e se ne possono ricavare confetture, gelatine, sciroppi e canditi, persino un liquore; naturalmente è famoso il miele di corbezzolo, amarognolo e aromatico, abbinabile ad esempio con formaggi a pasta molle, con caprini, formaggi a crosta fiorita e ovviamente con le mitiche seadas

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Il cardo (Cynara cardunculus) in sardo gureu aresti, è un erbaggio invernale molto apprezzato. Del cardo si consuma il gambo, dopo aver tolto i filamenti e le nervature più dure. Il cardo si può consumare crudo, o bollito, con carni. Si conserva tutto l’anno sott’olio o sott’aceto. È un prodotto che viene venduto già pulito e in mazzi; si raccoglie nei terreni incolti, puliti e incontaminati. Una ricetta veloce consiste nel farli stufare in casseruola con aglio e olio, chi vuole un po’ di pepe. Una volta cotti si servono a tavola con un pizzico di pecorino sardo grattugiato.

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Questa fine tipologia di pasta, chiamata lorighittas ossia “anellini”, caratteristica di Morgongiori, borgo dell’Oristanese, viene ottenuta con una grande abilità manuale e un certo dispendio di tempo.

Si ottiene attorcigliando con le dita un sottile filo di pasta raddoppiato, dandogli la forma di un grazioso anellino, che si sigilla bene alle estremità con una piccola pressione delle dita.

Il tipico sugo di accompagnamento è una salsa di pomodoro con l’aggiunta di tocchetti di carne di galletto ruspante (bagna de cabuniscu). Le lorighittas si confezionavano per le feste solenni, per il primo novembre innanzitutto, e poi per feste legate al ciclo calendariale religioso e per i matrimoni.

Il prodotto, oggi d’uso più abituale, viene preparato e condito generalmente con sugo di pollo ruspante e pomodori secchi o con sugo semplice di pomodoro, o anche con sugo di pomodoro e salsiccia fresca.

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Il casizolu è una delle specialità della Sardegna. Consiste in una provola o peretta vaccina, che può avere una crosta chiara e sottile e una pasta color latte, quando è fresca, o una crosta giallo paglierino, con l’unghia più spessa, con la pasta color crema intenso nei casi di maggiore stagionatura. Con la maturazione il sapore vira da sentori erbacei e lattici a sentori più marcati e piccanti. In tutti casi si tratta di sapori squisiti e genuini. Il valore aggiunto di questo prodotto sta nel fatto che le mucche pascolano allo stato semibrado, alimentandosi di erbe spontanee locali, quindi rendendo sinceri e naturali i sapori dei formaggi, output del processo di caseificazione.

Già del Medioevo in una lista delle «robe di Sardigna» destinate all’esportazione, compaiono tra le altre cose il «formaggio lungo». Queste forme lunghe potrebbero essere caciocavalli vaccini: in altre fonti medievali troviamo infatti le espressioni casei longi, cascavalls. Se così fosse sarebbe semplicemente la conferma che questi casizolu dei casari sardi hanno attraversato il Medioevo per arrivare sino a noi, immutati nella sapienza del saper fare.

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È primavera, sbocciano i fiori; la natura sarda, generosa e benigna, si tinge di mille colori e la vegetazione “colonizza” tutti gli spazi utili, dalle città sino alle spiagge, dove non è raro veder sbocciare, persino sulle dune di sabbia, un bel fiore bianco, il cosiddetto giglio di mare (Pancratium maritimum).

Nel frattempo orti e frutteti iniziano a produrre i primi prodotti tipici della stagione, le cosiddette primizie; con l’abbondante latte ovino e caprino a disposizione i pastori confezionano sapientemente formaggi freschi, destinati subito alla tavola o messi in cantina a maturare.

Nelle gite fuoriporta il formaggio primo sale si abbina con le deliziose favette sarde e una buona fetta di pane civraxu o coccoi, accompagnati da un calice di vino rosso, per un pic nic contadino salutare e nutriente.

È tempo anche di aprire i sott’oli e sott’aceti preparati in inverno, a base di olive o di cardi ad esempio, e di iniziare a preparare deliziose salse di pomodoro con i primi frutti di stagione.

Nell’isola, dove sono diffuse le serre, è anche già tempo di fragole, che grazie alla buona insolazione maturano precocemente. Si possono consumare come dessert, con un filo di miele di corbezzolo, al posto del solito zucchero, e con qualche mandorla tagliata a filetti.

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Che tipo di ristorante è Vitanova cucina e dolci?

Ti rispondo di getto: è un ristorante interamente al femminile; nella mia visione ristorativa è un aspetto importante, legato alla cura e all’attenzione ai dettagli, siamo tutte donne e c’è un bellissimo clima in cucina e sala.

Qual è la tua visione in cucina?

La mia filosofia di cucina è una cucina del mercato, fatta solo con prodotti freschi, che si rinnova spesso perché tiene alla stagionalità e a tutto ciò che di buono e di bello si trova in quel momento a disposizione. Siamo nel cuore di Cagliari quindi abbiamo a disposizione tanti mercati cittadini dove approvvigionarci. Noi poi in cucina facciamo tutto a mano, compresi la pasta fresca, i dolci, che sono un po’ le specialità del locale, e il pane.

Mi dici i nomi di tre maestri/maestre che hanno influito nel tuo percorso?

Ho avuto dei maestri, ho dei maestri che mi piacciono molto, ho avuto l’onore di fare dei corsi con Armando Palmieri, mi piace molto Maurizio Santin come pasticcere e Leonildo Contis tra i pastry chef sardi.

Ci doni il tuo menu di Pasqua, per ispirare i lettori del Magazine Imprentas?

Come antipasto Uovo poché con crema di asparagi selvatici e prosciutto di pecora croccante; gli asparagi sono stagionali e il prosciutto di pecora è davvero una tipicità notevole sarda.

Come primo Ravioli di formaggio fresco scorza di limone con carciofi, asparagi, favette e menta. In primavera le favette sono eccellenti, è ancora tempo di buoni carciofi spinosi sardi e naturalmente ci sono gli asparagi. I ravioli di formaggio sono una prelibatezza che con le verdure si sposano benissimo.

Come secondo piatto ti indico Coniglio disossato ripieno di finocchietto selvatico, salsa senape e miele, tortino di favette; anche questo è un piatto primaverile, con le favette e il finocchietto, con i loro profumi e sapori che imprimono una marca identitaria alla pietanza.

Per il dessert, a parte uovo e colomba, consiglio di cimentarsi con i tradizionali arrubiolus, le mitiche palline di ricotta fritte, accompagnati da salsa di pere e cioccolato, un abbinamento classico che non stufa mai: Arrubiolus di ricotta, salsa di pere, cioccolato.

Questa Pasqua sarà la seconda in zona rossa…

Sì purtroppo. Il ristorante sarà chiuso, come tutti gli altri, ma nei giorni precedenti, sino a venerdì 2 aprile, faremo servizio di asporto di dolci (torte, dolci al cucchiaio eccetera) e di pasta fresca di vari formati per i clienti desiderosi di trascorrere idealmente Pasqua e Pasquetta con i sapori di Vitanova.

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In inverno nelle campagne sarde sono molto comuni anche le bietole selvatiche, riconoscibili dalla caratteristica forma della foglia, come quella delle bietole coltivate, solo più piccola. Uno dei modi più gustosi di cucinare questa verdura selvatica è in frittata. Occorrono: uova (due per commensale), bietole selvatiche (Beta maritima), cipolla tagliata fine a piacere, pecorino grattugiato, sale, olio evo. Si fanno sbollentare le bietole, si uniscono al composto di uova sbattute, pecorino e sale, precedentemente preparato. Si fa scaldare dell’olio in padella e si cuoce ben bene il composto.

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La raccolta degli asparagi selvatici (Asparagus acutifolius) viene praticata in tutta l’Isola, da gennaio sino anche a maggio, secondo l’andamento dell’anno (piovosità e temperature). È una specie spontanea ricca di proprietà nutrizionali e gusto. Il segreto è recarsi nei campi incolti di buon mattino con una cesta di vimini per fare il prezioso bottino. Per conservare profumi e sapori tutto l’anno si preparano gli asparagi sott’olio o sott’aceto. In questo modo si potranno consumare sino alla raccolta successiva. Gli asparagi sott’olio si possono mangiare insieme a bolliti o arrosti di carni, o usare come ingrediente per condire la pasta.

Gli asparagi si possono cucinare in padella o bollire, da soli o con altri ingredienti. La ricetta della frittata di asparagi selvatici è una delle più popolari. Innanzitutto si puliscono gli asparagi, togliendo loro la parte legnosa, si fanno bollire per ammorbidirli e poi si tagliano a tocchetti. A parte si sbattono le uova, una o due per commensale, con sale e pepe a piacere. Poi si incorporano i pezzi di asparagi versando il composto in una padella con olio ben caldo e si fa cuocere il tutto sino a completa cottura. 

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Cordero in spagnolo e cordeiro in portoghese, khaduf in arabo, lamb in inglese agneau in francese, angione, angioni, anzone, anzoni in sardo, da agnus latino. Molti cognomi sardi derivano da agnello: Angioi, Angioni, Angione, Angioy.

Allevato sin dalla Preistoria, al giorno d’oggi è ancora un prodotto molto apprezzato. L’Agnello di Sardegna ha una carne davvero tipica e saporita, anche tutelato dal marchio europeo IGP (Indicazione Geografica Protetta). 

Le carni si possono cucinare in una miriade di modi: arrosto, bollite, in umido. La carne d’agnello ha un profilo nutrizionale interessante, ricca di proteine nobili, sostanziosa e nutriente.  Una delle ricette più semplici e squisite è l’agnello a fricassea, dove alla carne di agnello, cotta in tegame, viene aggiunta una salsina fatta di tuorli d’uovo e succo di limoni. Un’altra ricetta contempla l’agnello cotto con il finocchietto selvatico. Infine il ragù di agnello può essere utilizzato per condire la pasta fresca, fatta in casa, per le festività pasquali e natalizie. 

Di seguito diamo anche tre ricette contenute in quello che forse è il più noto manuale di cucina italiana, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi, pubblicato nel 1891 e ristampato decine e decine di volte. Un best seller che a distanza di oltre un secolo non smette di ispirare i foodies!

Agnello in frittata «Spezzettate una lombata d’agnello, che è la parte che meglio si presta per questo piatto, e friggetela nel lardo vergine; poco basta, perché in quel posto la carne è piuttosto grassa. A mezza cottura condite l’agnello con sale e pepe e quando sarà totalmente cotto versateci quattro o cinque uova frullate e leggermente condite anch’esse con sale e pepe. Mescolate, badando che le uova assodino poco».

Agnello coi piselli all’uso di Romagna «Prendete un quarto d’agnello dalla parte di dietro, steccatelo con due spicchi d’aglio tagliato a striscioline e con qualche ciocca di ramerino; dico ciocche e non foglie, perché le prime si possono levare, volendo, quando l’agnello è cotto. Prendete un pezzo di lardone o una fetta di carne secca e tritateli fini col coltello. Mettete l’agnello al fuoco in un tegame con questo battuto e un poco d’olio; conditelo con sale e pepe e fatelo rosolare. Allorché avrà preso colore, aggiungete un pezzetto di burro, sugo di pomodoro oppure conserva sciolta nel brodo o nell’acqua e tiratelo a cottura perfetta. Ritirate per un momento l’agnello, versate nell’intinto i piselli e quando avranno bollito un poco, rimettetelo sui medesimi, fateli cuocere e serviteli per contorno».

Agnello all’orientale «Dicono che la spalla d’agnello arrostita ed unta con burro e latte, era e sia tuttavia una delle più ghiotte leccornie per gli Orientali; perciò io l’ho provata e ho dovuto convenire che si ottiene tanto da essa che dal cosciotto un arrosto allo spiedo tenero e delicato. Trattandosi del cosciotto, io lo preparerei in questa maniera, la quale mi sembra la più adatta: steccatelo tutto col lardatoio di lardelli di lardone conditi con sale e pepe, ungetelo con burro e latte o con latte soltanto e salatelo a mezza cottura».

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