Elementor #1353

by Stefano Pedron

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Natale, Paschixedda in lingua sarda, è una delle feste più importanti in Sardegna, che si celebra anche a tavola con piatti squisiti, annaffiati da ottimi vini locali e dolci meravigliosi.

Tra i primi piatti sono immancabili le paste ripiene, tipo ravioli e culurgiones ogliastrini, accompagnate da sugo di pomodoro semplice o con l’aggiunta di salsiccia. Si coprono con una generosa spolverata di pecorino e la pasta è pronta per essere servita a tavola.

Tra i secondi piatti vanno forti le carni arrosto, carni di capretto, agnello, maialetto, e gli stufati di carne con le tipiche verdure invernali, come carciofi, cavoli, cardi, patate.

Tra le ricette più semplici da realizzare per Natale e di sicura riuscita troviamo l’agnello con carciofi, prodotti tipici in inverno. Si soffrigge in un tegame della cipolla tritata e un paio di spicchi d’aglio in olio evo. Si unisce la carne d’agnello tagliata a spezzatino e si fa rosolare.  Si continua la cottura a fuoco lento, si uniscono dei cuori di carciofo sardo spinoso preparati in precedenza e tagliati in quattro parti. Si allunga con un po’ di brodo o con Vernaccia di Oristano sino a cottura ultimata.

Il Maialino da latte, in sardo porcheddu o porceddu viene cucinato arrosto con l’accortezza di preparare una brace perfetta, o, se fatto al forno, di far grillare la cotenna prima di servirlo a tavola in modo che rimanga croccante.

Si tratta di un piatto antico, che ha colpito l’immaginazione di viaggiatori e letterati sin dall’Ottocento, una pietanza identitaria in cui i sardi sono maestri e che non può mancare quando si invitano amici e parenti durante le feste natalizie o per il cenone di San Silvestro!

La carne del maialetto si accompagna a pane guttiau tiepido, cardi e carciofi sott’olio per esaltarne ancora di più il gusto.

Mentre l’agnello viene cucinato sia arrosto sia secondo due antiche ricette. La prima si chiama nel Campidano di Cagliari agnello in salsa bianca o fricassè.

La fricassè sarda viene dal francese fricassee e prevede che alla carne si aggiungano rossi d’uovo frullati e succo di limone.  Difficile dire quando questo squisito piatto è stato adottato nella cucina sarda; almeno nel primo trentennio del Novecento, quindi la ricetta può considerarsi tradizionale.

Gli ingredienti per 4/6 persone prevedono un agnello sardo tagliato a pezzi grossolani, una cipolla, un po’ di prezzemolo, 2 albumi d’uovo (o uova intere secondo la variante), il succo di un limone, mezzo bicchiere di vino bianco, olio q.b. per rosolare. Per la preparazione si mette l’agnello in un capiente tegame con cipolla, olio e prezzemolo. A metà cottura si aggiunge il vino bianco.

All’ultimo si aggiunge la salsa sull’agnello, realizzata con l’albume delle due uova e il succo di un limone. Si mescola velocemente e si serve a tavola.

Una seconda ricetta è l’agnello al finocchietto selvatico (fenugu aresti). Per quattro persone occorrono 1 kg di agnello da latte (coscia), olio evo, 1 bicchiere di vino bianco secco, 1 cipolla, 1 o 2 spicchi d’aglio a piacere, 80-100 g di finocchietto selvatico, sale q.b. Si Taglia a piccoli pezzi l’agnello. Si fa soffriggere in un ampio tegame la cipolla tagliata a fette sottili ed eventualmente l’aglio.  Si aggiunge la carne a rosolare per qualche minuto, sempre mescolando. Si versa il vino bianco nel tegame e si lascia sfumare, continuando a far cuocere la carne. Si aggiunge il finocchietto selvatico (già mondato, lavato e sbollentato in acqua), un po’ d’acqua di cottura dei finocchietti stessi e il sale. Si copre il tegame con un coperchio e si finisce di far cuocere. Si serve l’agnello ben caldo.

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I dolci della Sardegna delle feste sono i classici torroni, alle mandorle, alle noci, alle nocciole, le meravigliose caschettas di Belvì, ricami con goloso ripieno di frutta secca, su pan’e saba, una sorta di panettone con la sapa, ossia mosto d’uva, dolce e piacevolmente aromatico.

Non mancano i mostaccioli (mustazzolos) dolcetti con uva passa; tipici anche gli amaretti (amarettos), con la pasta di mandorla. 

Da una ventina d’anni la pasticceria tipica in Sardegna per le feste natalizie comprende anche i panettoni, che la grande esperienza dei pasticceri sardi in fatto di lievitazione naturale rende particolarmente morbidi, profumati, saporiti.

Questi panettoni vengono spesso arricchiti e resi unici da ingredienti locali, come mirto, scorza d’arancia candita (aranzada in lingua sarda) o di Pompìa, un agrume unico al mondo presente solo nella zona di Siniscola; altri ingredienti caratterizzanti usati nei panettoni sardi sono mandorle, ricotta, miele sardo, uvetta, secondo la creatività e l’estro del maestro pasticcere che li prepara.

Sono panettoni con impressa l’identità agroalimentare della Sardegna, che rendono il taglio del panettone una autentica emozione e l’assaggio un’esplosione di gusto!

Non possono mancare, insieme ai dolci, un po’ di tradizionale frutta secca, la classica fruttiera con i mandarini che profumano la sala da pranzo e un vino spumante di qualità per un bel brindisi accompagnato da auguri, baci e abbracci.

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Oggi cuciniamo la Fregula, con tante verdurine!

La fregula è un tipo di pasta tipico della Sardegna. Formata da piccole palline di semola è un formato adattabile a tante ricette sfiziose.

Per preparare la versione verdurosa della fregula si possono utilizzare verdure di stagione come pomodori, zucchine, melanzane e peperoni. Inoltre si possono adoperare spezie come timo, salvia, basilico per insaporire il piatto e dargli una nota di carattere in più.

Per arricchire la nostra “Fregula vegana con verdure dell’orto” è bene abbinare questa deliziosa pasta a dei legumi, che contengono proteine vegetali ottime, ad esempio con dei ceci in scatola. Vediamo come si può fare. Si fa cuocere la fregula in brodo vegetale, per renderla ancora più gustosa. Il brodo vegetale può essere agilmente fatto con una cipolla, una carota e una costa di sedano. Nel frattempo in una capiente padella si fa imbiondire uno scalogno e si aggiungono i ceci già lessati per insaporirli. A parte si fanno stufare con un filo d’olio e un po’ di passata di pomodoro un paio di melanzane, tagliate a pezzetti, in una pentola con il coperchio.

A questo punto si scola la fregula e si passa in padella con lo scalogno e i ceci, infine si versano le verdure, in questo caso le melanzane. Si amalgama tutto con delicatezza. Spento il fuoco si guarnisce con del timo fresco o delle foglioline di basilico o salvia, secondo il gusto e si serve a tavola. Si possono anche friggere le foglie di salvia in olio evo per una guarnizione ancora più golosa.

Un altro piatto di bell’aspetto sono le “Cipolle ripiene alla fregula”.

Si fanno sbianchire delle belle cipolle intere, ne servono due per commensale, poi con un coltellino si tagliano a metà, si svuotano e si tiene la polpa a parte, che servirà per il ripieno.

Nel frattempo si fa cuocere la fregula come un risotto, con un trito di cipolla e olio evo, allungando con brodo vegetale, alla fine si mette qualche stimma di zafferano o una bustina di zafferano in polvere e si lascia raffreddare.

Nel frattempo si prende del pane grattugiato, ricavato dal pane carasau è ottimo, si fa friggere con olio evo, erbette a piacere e si mette da parte.

Si prende la polpa delle cipolle ben sminuzzata, si fanno stufare in padella con olio, aglio, peperoncino. Una volta pronte in una ciotola si versa la polpa delle cipolle, la fregula, il pane grattugiato e con tutto ciò si versano nelle mezze cipolle vuote, in cima si versa un po’ di pan grattato e si mettono in forno per qualche minuto per la gratinatura. Si servono a tavola con una insalata di pomodorini e del buon vino rosso, adatto alla stagione autunnale.

Un altro piatto di facile realizzazione è la “Fregula con olive, capperi e mandorle”. Si fa cuocere in acqua salata bollente la fregula, si scola e si mette a intiepidire, nel frattempo si prepara un trito di aglio, cipolla, olio evo e prezzemolo, si fa imbiondire in una capiente padella, si aggiunge la fregula precedentemente cotta e alla fine si mette del pane grattugiato e delle mandorle pelate, tostate, salate e tritate finemente, si spegne il fuoco, si impiatta la pasta guarnendo il piatto con qualche foglia di prezzemolo intera, un paio di mandorle intere e si porta a tavola. Si può aggiungere peperoncino a piacere.

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Da sempre appassionato di pasticceria ha seguito corsi locali, nazionali e internazionali con dedizione, lavorando in diversi contesti, con il pallino dell’aggiornamento e dello studio. Oggi lavora in uno degli hotel più eleganti e blasonati di Cagliari.

Quali sono la tua visione e missione professionali?

La mia idea della pasticceria? Una visione in cui nascano sempre più format che possano far combaciare l’alta qualità con La vicinanza al territorio e la sostenibilità economica dei progetti; senza questi elementi niente può durare a lungo.

La mia missione è sicuramente quella di riuscire a trasmettere le mie competenze e la mia passione ai giovani che vogliono avvicinarsi a questo mondo e condividere con chi potrebbe trarne giovamento le mie idee per una pasticceria contemporanea e sostenibile.

Qual è il tuo rapporto con la pasticceria tradizionale sarda?

Essendo arrivato in Sardegna già grande non ho un legame storico con i dolci tradizionali sardi.

Sicuramente credo che abbiano ancora una loro clientela ma credo che, come ogni altro dolce regionale, possano essere rinnovati e resi più attuali, soprattutto nelle modalità di fruizione.

Sicuramente il mio preferito è l’aranzada che lascerei proprio così com’è.

Prodotti che trovo molto interessanti anche in chiave di rivisitazione sono la seada e la pardula.

Quali sono i tuoi ingredienti preferiti?

Sicuramente tra i miei ingredienti preferiti ci sono gli agrumi, e tra questi merita una menzione speciale la Pompìa, tipica di Siniscola.

Altra menzione particolare merita il miele, per cui nutro un vero amore sbocciato dopo una bellissima esperienza in apicoltura; tra le eccellenze sarda sicuramente c’è il frutto del corbezzolo.

Infine adoro lo zafferano e le mandorle.

Cosa bolle in pentola?

Per il futuro i progetti sono tanti, sicuramente quello di creare un movimento consapevole che possa portare a ripensare i prodotti di pasticceria e anche la modalità di vendita.

Mi piacerebbe riuscire inoltre a creare un anello di congiunzione tra l’agricoltura sarda e l’alta pasticceria. E scovare nuovi talenti, anche dove sembra che sia tutto spento.

Ritengo che attraversiamo un momento molto affascinante e mi piacerebbe molto dar valore alle nuove generazioni, spesso bistrattate ma, secondo me, con un potenziale immenso.

Una ricetta per i lettori di Imprentas?

C’è una ricetta che mi sta molto a cuore da quando lavoro in albergo; una soffice torta di mandorle ottima per la colazione e per l’ora del tè. Gli ingredienti sono 250 g di burro, 400 g di zucchero semolato, 2 g di sale, 300 g di uova intere, 350 g di mandorle dolci in polvere, 50 g di mandorle amare in polvere, 100 g fecola di patate, 5 g di lievito chimico

Procedimento: in una planetaria o con una frusta montare leggermente il burro con lo zucchero e il sale; aggiungere a filo le uova poco per volta è concludere l’impasto aggiungendo le polveri setacciate; mescolare con una spatola in gomma per amalgamare bene il composto. Versare il composto in una tortiera precedentemente imburrata e, magari, foderata con mandorle a fettine. Cuocere in forno a 170° C per circa 40 minuti, controllando la cottura con l’ausilio di uno stecco in legno: quando inserendolo nella torta ne uscirà asciutto significa che è cotta. Lasciar raffreddare leggermente e poi capovolgere su un piatto di portata.

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costolette di pecora sarda

La Sardegna da sempre è terra di allevamento ovino, e la pecora di razza sarda regna
incontrastata: sull’isola vi sono più di tre milioni di capi.
La pecora sarda è un animale che, oltre a produrre latte eccellente, che si trasforma in ottimo
formaggio fresco, semi-stagionato e stagionato, di varie qualità, offre anche della carne sana e
nutriente, allevata com’è allo stato semibrado, brucando i verdi pascoli sardi, le erbe e gli arbusti
della macchia mediterranea.
Una carne sana dunque e saporito, con carni di un bel rosa deciso, con moderata presenza di
grasso, ottime per essere cucinate alla brace, impanate o insemolate e poi fritte, o infine cotte in
umido o al forno.
Se la classica ricetta di un tempo era la pecora in cappotto, accompagnata da patate e cipolle, oggi
gli chef diversificano molto ed è prassi comune assaggiare carpacci di pecora, hamburger di
pecora, tartare di pecora…
Le costine o costolette di pecora sono particolarmente gustose e perciò gradite a tutti.
Si possono impanare in buona farina o pan grattato e friggerle o ancora insemolarle, con semola di
grano duro sardo, dopo averle imbevute di uovo sbattuto, poi friggerle abbondante olio evo.
Oppure si possono fare alla griglia, e a cottura ultimata pennellarle con una emulsione di olio evo,
succo di limone, pepe e sale e servirle a tavola caldissime… O ancora si possono fare in umido,
aromatizzate al vino Cannonau.
Per quest’ultima ricetta, che è più complessa, serviranno due costolette a commensale, sapori per
il soffritto, come cipolla, aglio, olio evo, della farina, due bicchieri di vino cannonau, salsa di
pomodoro q.b.
Preparate il soffritto come d’abitudine in una casseruola capiente; nel frattempo impanate le
costolette nella farina e disponetele a rosolare nel soffritto, girandole in modo che si rosolino su
entrambi i lati. Sfumate con due bicchieri da tavola di vino Cannonau, aggiungete un po’ di salsa di
pomodoro e lasciate stufare, coprendo la casseruola con il coperchio. Controllate che il liquido di
cottura non si asciughi, eventualmente aggiungete ancora un po’ di vino; Infine salate e pepate e
lasciate ultimare la cottura, servendo le costolette calde con il sughetto di cottura, sopra un letto
di pane carasau tiepido.

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filetto di cinghiale

Il cinghiale è un animale selvatico comune nei boschi della Sardegna; un tempo faceva parte della
selvaggina. Oggi vi sono meno cacciatori ma a causa dell’eccessiva proliferazione attualmente
viene cacciato anche per ridurne il numero e trasformato in buone carni e squisiti salumi. È forse la
preda più ambita della selvaggina sarda, difficile com’è da catturare, per cui le battute di caccia
sono spettacolari e rumorose; sono composte da una compagnia di cacciatori dove ciascuno ha il
proprio ruolo e compito, accompagnati da cani da caccia addestrati alla difficile arte venatoria del
cinghiale, animale che può diventare pericolo se avverte il pericolo e viene messo alle strette.
Dunque il filetto di cinghiale è tra i salumi più rari e più rinomati, magro e saporito. Il filetto
infatti è quella parte della bestia che proviene dalla zona lombare, povera di grassi ma ricca di
gusto.
Il filetto di cinghiale viene conciato con sale, pepe e altre spezie, massaggiato ed asciugato. La sua
stagionatura, che va dai due mesi sino ai cinque mesi, ne esalta il suo particolare sapore di
selvaggina e il suo odore intenso e molto piacevole.
Il filetto di cinghiale viene utilizzato soprattutto come speciale antipasto, accompagnato anche da
altri salumi sardi (come salsiccia, guanciale) formaggi freschi e stagionati e buon pane, oppure
come secondo piatto, con l’abbinamento di verdure crude di stagione o cotte alla griglia e pane
carasau. Un buon abbinamento è costituito dalla polenta, o dalle patate al forno, per un piatto
unico completo. C’è chi abbina questo salume gustoso a confetture, come quella di fichi. Ha un
sapore unico e particolare, perciò merita abbinamenti ricercati, che virano sulla dolcezza,
ammorbidendo il suo gusto intenso di selvaggina.
Il vino da accompagnare è rosso o anche un rosato. Ideali il Carignano del Sulcis, il Cagnulari del
sassarese, il classico Cannonau di Sardegna o anche un vino Monica, caratteristico del Campidano,
o infine un vino Mandrolisai DOC.

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Piero Mancini Vermentino di Gallura

Il Vermentino di Gallura DOCG Pietro Mancini è un vino a denominazione di origine controllata e garantita, la massima
certificazione che si possa chiedere ad un vino europeo. È un vino bianco secco prodotto in
purezza da uve Vermentino coltivate su terreni fluviali di rocce granitiche.
La Gallura, la regione storica che occupa il nord est dell’Isola, è nota per le sue spiagge, per il suo
mare color smeraldo, per l’interno selvaggio e ricco di boschetti e corsi d’acqua, ma anche per le
specialità gastronomiche e i suoi meravigliosi vigneti. In questi vigneti il re dei vitigni coltivati è
proprio il Vermentino, che in Sardegna esprime il masso delle potenzialità, con quella bella
freschezza e sapidità al palato che lo rendono il compagno ideale dei pranzi estivi.
La Cantina delle Vigne di Piero Mancini è una solida realtà che ha le sue radici nella passione del
suo fondatore Piero Mancini che oggi continua a vivere grazie al lavoro e alla passione della
moglie Marisa e dei figli: Antonio, Alessandro e Laura che cura comunicazione e marketing.
L’estensione totale dei vigneti è di circa 120 ettari, tutti localizzati in Gallura nelle località di
Balajana, Scolombrino e Montelitu, Ciabattu tra le aree più vocate per la coltivazione del
Vermentino di Gallura DOCG, l’unica denominazione di origine controllata e garantita esistente in
Sardegna. L’azienda propone, nella sua gamma produttiva, anche diverse varianti di vini spumante:
dai Vermentino di Gallura in purezza a quelli realizzati con vitigni più internazionali. Nella linea
produttiva non mancano però anche importanti espressioni di vini da vitigni a bacca rossa
Cannonau di Sardegna DOC e naturalmente il Vermentino di Gallura DOCG, uno dei fiori
all’occhiello!
Di colore paglierino con riflessi verdognoli, questo Vermentino presenta un profumo intenso,
lievemente aromatico, elegante. Ha sapore lievemente alcoolico, morbido, di buona struttura,
leggermente amarognolo.
Il Vermentino di Gallura di Piero Mancini è particolarmente indicato per gli antipasti ed i primi di
mare, i crostacei, il pesce, ma anche le carni alla griglia, dalle gustose salsicce sarde alle braciole,
passando per gli spiedini e gli arrosticini…

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Vinitaly-2023

Vinitaly 2023, la manifestazione fieristica internazionale dedicata al buon bere, che si tiene nella
meravigliosa città di Verona, quest’anno ha superato se stessa battendo ogni record di pubblico,
eventi e manifestazioni collaterali, ospiti e celebrità convenute. Dopo il periodo pandemico la
voglia di normalità e di socialità hanno preso campo e cosa c’è di più social che bere ottimo vino in
buona compagnia?
Come ogni anno le Cantine sarde si sono fatte molto onore, portando a Verona all’attenzione di
esperti di ogni parte del mondo vini e spirits (amari, distillati, liquori) di qualità, eccellenze
dell’Isola che hanno raccolto premi e riconoscimenti.
A Vinitaly 2023 oltre 60 vini sardi sono entrati nella famosa classifica 5StarWines, che segnala i vini
che hanno raggiunto o superato 90/100; si tratta di eccellenze assolute a livello mondiale.
Lo spumante Akènta delle Cantine di Santa Maria La Palma, situata nel sassarese, è stato scelto
per il brindisi inaugurale dell’evento veronese. Questo spumante è frutto di una attenta selezione
di uve Vermentino di Sardegna Doc, sapientemente raccolte a mano e spumantizzate in autoclave
(metodo Charmat); affinate sei mesi sur lies, ossia sui lieviti. Attraverso questo procedimento i
lieviti esaltano aromi fragranti e permettono la formazione di un fine e persistente perlage.
E sono quattro i vini sardi che hanno raggiunto uno 95 punti su 100; il vino “Mandrolisai Doc Rosso
Domo 2020” di Demelas, il “Vermentino di Gallura Docg Superiore 2021” di Tenute Campianatu, la
“Vernaccia di Oristano Doc 2013” di Orro, l’azienda fondata da Davide Orro che si è fatta valere in
numerosi contesti nazionali e internazionali, e infine la “Vernaccia di Oristano Doc Riserva Per Te
2002” di Carta.
A poca distanza con 94 punti il “Vermentino di Gallura Docg Superiore Sciala 2021” di Vigne
Surrau, mentre il “Vermentino Doc Frinas 2021” di Carpante e la “Vernaccia di Oristano Doc
Riserva 1997” di Contini hanno totalizzato ben 93 punti, facendo un ottimo piazzamento.

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Lorighittas

Luglio: tempo di gite al mare, di week end fuori porta, di escursioni in montagna e delle prime
agognate ferie. Sia che si resti in città per concerti e cene all’aperto o si raggiungano gli amici in
campagna per un super rilassante fine settimana nel verde, un buon piatto di pasta rallegra
sempre la compagnia e mette di buon umore.
Tra i primi piatti che recuperano prodotti della tradizione sarda e li rivisitano alla luce della cucina
contemporanea troviamo le Lorighittas allo zafferano, bottarga di tonno e zucchine: un primo
piatto che parla sardo, che si prepara velocemente ed è di sicura riuscita.
Iniziamo con tagliare a julienne le zucchine, che poi saranno fatte saltare velocemente in una
capiente padella con olio evo, sale e un pizzico di pepe chi vuole. Bastano 2 zucchine medie per 4
commensali, scegliete dal verduraio di fiducia quelle verde chiaro, più delicate, ben sode e non
troppo grandi.
Nel frattempo farete cuocere al dente in acqua salata bollente le preziose lorighittas, una pasta
sarda fatta ad anello praticamente unica al mondo, aromatizzate allo zafferano hanno un aspetto
ancora più bello, sembrano graziosi orecchini d’oro. A questo punto scoliamo le lorighittas e le
mettiamo in padella insieme alle zucchine, rimescolando delicatamente
Nel frattempo grattugiamo qualche cucchiaino di bottarga di tonno, perfetta con le pastasciutte
estive, per il suo sapore di mare deciso e il suo gusto ricercato. Ne basta un cucchiaio da caffè
colmo a commensale!
Spento il fuoco versiamo la bottarga sulla pasta, rimestiamo, impiattiamo, aggiungendo un paio di
foglie di basilico fresco come guarnizione su ogni piatto e portiamo a tavola.
Abbineremo questo piatto fresco, veloce e gustoso a del Vermentino di Sardegna DOC o di Gallura
DOCG o anche un vino rosato, molto di moda, o infine ad un vino frizzante o ad uno spumantino
per chi non rinuncia mai alle bollicine.

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intervista allo chef

Giovane e talentuoso, dopo molte importanti esperienze in ristoranti stellati italiani ed europei chef Signorino ha preso le redini di uno dei ristoranti cagliaritani più cool del momento, “Terra” nell’elegantissimo Hotel a cinque stelle Palazzo Tirso, che si affaccia sul porticciolo turistico e sulla passeggiata lungo il bel molo. Il menù è stato ideato con la consulenza di chef Emanuele Scarello, due stelle Michelin del ristorante “Agli amici dal 1887” di Udine.

Sei uno chef molto creativo e pratichi una cucina contemporanea e dal sapore internazionale ma partendo, ricordiamolo, da ingredienti e preparazioni tipiche e locali. Qual è la tua visione e missione di cucina sarda moderna?

Pa parte mia c’è la precisa volontà di far riscoprire i sapori della nostra terra per soddisfare sia il cliente internazionale sia il cliente sardo che ama i propri sapori ma presentati in modo diverso dal consueto, con tecniche moderne. Il foraring per me è importante, con la mia brigata pratichiamo sia la raccolta delle erbe spontanee sia delle erbe palustri, delle alghe commestibili, che poi lavoriamo come ingredienti di alcuni piatti.

La mia è una cucina sarda moderna, basata sul rispetto della materia prima, della stagionalità, per esaltare al massimo le proprietà e il gusto della materia prima con tecniche moderne ma senza snaturare la materia prima stessa.

Quali piatti della tradizione cagliaritana e sarda vorresti rivisitare con la tua firma?

Tra i piatti sardi da rivisitare metto la Burrida (gattuccio di mare con aceto, noci, di origine medievale, caratteristico di Cagliari e dintorni N.d.R.), e altri piatti di mare, come sa Merca (muggine bollito in acqua salata e fasciato in un’erba palustre, l’obione o ziba, che è commestibile N.d.R.), che amo molto e con cui sono cresciuto. Anche un semplice piatto con sedano, carciofi e bottarga, per dire o utilizzando ingredienti poveri e tradizionali della cucina popolare cagliaritana, come i bocconi (it. murice spinoso N.d.T.).

Per favore suggerisci una ricetta estiva ai lettori del nostro magazine?

Per quanto riguarda una ricetta facile ed estiva, proporrei ai vostri lettori un mio piatto classico, una insalata di quinoa bollita, condita con capperi e olive sminuzzate, da usare come fondo del piatto; poi si prepara un gazpacho con peperone, pomodoro, cipolla, cetriolo e pezzetti di anguria, si fa frullare il tutto, aggiungendo un po’ di aceto, sale  e chi vuole del peperoncino, si versare questa salsa-gazpacho nel piatto e vi si adagia sopra un crudo di Gamberi rossi di Villasimius.

Grazie Chef per questo dono, è un piatto elegante e gustoso!

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