Nel pranzo tipico pasquale sardo non possono mancare i caratteristici pani con l’uovo sodo, simbolo di
rinascita, le pardulas, deliziose tartellette dolci come dessert, e in mezzo, come secondi piatti l’agnello,
cotto come si preferisce, sua maestà il maialetto sardo, accompagnati da verdure fresche, sottoli, e un
antipasto con salumi e formaggi sardi.
La pastasciutta, regina dei primi piatti, è sovente rappresentata da ravioli o culurgiones, conditi con
semplice olio novello evo sardo e una spolverata di formaggio pecorino, piuttosto che con un denso sugo di
pomodoro, sempre accompagnato da pecorino grattugiato o pecorino romano.
Vediamo con ordine alcune portate.
Si comincia servendo a tavola coccoi con s’ou (chiamato in talune zone della Sardegna angùlis): si tratta di
pani con una o più uova sode, simbolo beneaugurale, deliziosi da vedere e ottimi da mangiare. Un tempo
erano il dono di Pasqua per i bambini, oggi sono per lo più un elemento decorativo della tavola pasquale,
che richiama il folklore sardo di un tempo.
Dopo gli antipasti e la tradizionale pastasciutta si servono i secondi piatti. Maialino da latte arrosto ed
agnello arrosto o cucinato secondo due antiche ricette. La prima si chiama nel Campidano di Cagliari
“angioni a fricassè” o agnello in salsa bianca.
Si cucina in occasione della Pasqua e di altri momenti festivi in primavera. La fricassea, dal francese
fricassee appunto, che secondo l’enciclopedia Treccani online è “spezzato di vitello, di agnello o di pollo,
cotto in casseruola con burro ed erbe aromatiche, funghi freschi o secchi, cui si aggiungono rossi d’uovo
frullati e succo di limone”.
Difficile dire quando questo squisito piatto è stato adottato nella cucina sarda; almeno nel primo trentennio
del Novecento, quindi la ricetta può considerarsi tradizionale.
Gli ingredienti per 4/6 persone prevedono un agnello sardo tagliato a pezzi grossolani, una cipolla, un po’ di
prezzemolo, 2 bianchi d’uovo (o uova intere secondo la variante), il succo di un limone, mezzo bicchiere di
vino bianco, olio q.b. per rosolare. Per la preparazione si mette l’agnello in un capiente tegame con cipolla,
olio e prezzemolo. A metà cottura si aggiunge il vino bianco.
All’ultimo si aggiunge la salsa sull’agnello, realizzata con l’albume delle due uova e il succo di un limone. Si
mescola velocemente e si serve a tavola.
La seconda ricetta è agnello al finocchietto selvatico (anzone cun fenuju aresti). Per quattro persone
occorrono: 1 kg di agnello da latte (coscia), olio evo, 1 bicchiere di vino bianco secco, 1 cipolla, 1 o 2 spicchi
d’aglio a piacere, 80-100 g di finocchietto selvatico, sale q.b. Si Taglia a piccoli pezzi l’agnello. Si fa
soffriggere in un ampio tegame la cipolla tagliata a fette sottili ed eventualmente l’aglio.
Si aggiunge la carne a rosolare per qualche minuto, sempre mescolando. Si versa il vino bianco nel tegame
e si lascia sfumare, continuando a far cuocere la carne. Si aggiunge il finocchietto selvatico (già mondato,
lavato e sbollentato in acqua), un po’ d’acqua di cottura dei finocchietti stessi e il sale. Si copre il tegame
con un coperchio e si finisce di far cuocere. Si serve l’agnello ben caldo.
Come dessert si consumano le pardulas, che contengono formaggio o ricotta fresche, zafferano, zucchero.
Una alternativa alle pardulas è costituita da un antico dolce algherese il menjar blanc, mangiar bianco, di
origine catalana.
La moda del biancomangiare risale al Medioevo e si diffuse dalla penisola iberica nel resto d’Europa. È un
dolce al cucchiaio molto semplice, si utilizza amido di farina, latte e zucchero. Si amalgama amido e latte,
versando a pioggia lo zucchero. Si aggiunge eventuale buccia finemente grattugiata di un limone biologico.
Una volta addensato si versa il composto in coppette e si lascia raffreddare. Si gusta nelle coppette
accompagnato da un buon vino da dessert.