La nostra intervista a Claudia Rabellino Becce

by Alessandra Guigoni

Claudia Rabellino Becce

Avvocata, autrice, moglie e mamma in ordine sparso. Osservatrice della società contemporanea. Cagliaritana per scelta. Per Morellini Editore ha scritto “Cagliari al femminile” (2018) e, a quattro mani con la giornalista Michaela K Bellissario, “Felici a 50 anni. E se fosse una golden age?” (2019). Sostiene l’empowerment femminile e ama scrivere di donne. È coautrice del progetto “We women” e contributor per il magazine online “Neoque” e per “Donna Oggi” de l’Unione Sarda.

Cosa diresti dell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle?

Innanzitutto, una considerazione: i lockdown ci hanno fatto (ri)scoprire il valore del cibo e della convivialità. Il confinamento ci ha penalizzato nella nostra dimensione sociale.  Una delle prime cose che abbiamo fatto durante la chiusura della scorsa primavera è stata affidarci al comfort food, preparando dolci, pasta, pane, pizza nelle nostre cucine e uno dei primi desideri che abbiamo realizzato nel tornare alla (nuova) normalità è stata concederci un pasto al ristorante.

Quali sono a tuo parere i cambiamenti più rilevanti del 2020 e trend 2021 in ambito HORECA?

Alcuni cambiamenti sono sotto gli occhi di tutt*. Abbiamo visto un’accelerazione nella diffusione dell’home delivery e del take away che, ragionevolmente, continuerà anche nel 2021. La ristorazione tradizionale, però, conserverà sempre un ruolo centrale, soprattutto nel soddisfare quell’esigenza di socialità che rappresenta un bisogno primario per ogni essere umano. A cambiare saranno gli spazi, in parte già ridisegnati per consentire il distanziamento sociale.  Abbiamo iniziato a privilegiare i locali in grado di offrire sistemazioni all’aperto in tutte le stagioni. Le analisi di mercato evidenziano l’importanza di venire incontro all’esigenza, anche psicologica, dei clienti di sentirsi al sicuro. Le strategie di comunicazione e marketing dovranno tenere conto di tutti questi aspetti e incentrarsi sull’importanza non solo di attrarre nuovi clienti ma di fidelizzare quelli di “prossimità”, creando una relazione di fiducia, con offerte sempre più personalizzate, custom made, anche in termini esperienziali.

Nell’Hotellerie una delle strategie già in atto che ho sperimentato personalmente è quella di potenziare il room service, offrendo servizi aggiuntivi che consentano, per esempio, di godere di tutti i comfort di un’esperienza gourmet nell’intimità e sicurezza della propria camera.

La pandemia ha cambiato il nostro rapporto con il cibo, secondo te?

Un articolo apparso recentemente sulla rivista Forbes ha evidenziato un incremento dell’attenzione dei consumatori (soprattutto nella fascia over 50) al connubio tra cibo, benessere e salute, con una sempre crescente predilezione per i prodotti biologici o comunque di qualità certificata. Questo influenza la scelta del cibo non solo nel quotidiano. Si uscirà meno, cercando di mangiare meglio. Qualità sarà la parola chiave in grado di fare la differenza anche nella selezione naturale che il mercato della ristorazione inesorabilmente farà come conseguenza della crisi innescata dalla pandemia.

Le nuove tecnologie stanno conquistando tutti i settori, giusto?

Sì, anche nella ristorazione un ruolo fondamentale lo giocherà la digitalizzazione: stiamo già sperimentando i menù QR Code, in futuro oltre alle app di prenotazione, home delivery e take away saranno sempre più utili gli strumenti di gestione dei flussi di clientela in chiave di distanziamento sociale, di elaborazione dei dati personali e di creazione di esperienze personalizzate.

Pensiamo per esempio alla possibilità di prenotare in anticipo non solo il tavolo, ma anche il menu del nostro pasto, con indubbi vantaggi anche per il ristoratore in termini di organizzazione della cucina. Si tratta di acquisire abitudini nuove. In questo senso la pandemia sta accelerando processi che avrebbero richiesto più tempo per diventare consuetudini.

Un consiglio per le scelte nella nostra routine quotidiana?

Prediligere i negozi di quartiere e i prodotti del nostro territorio, a km 0 o comunque italiani, ricordando che cibo, vino e agroalimentare in generale fanno parte di quel Made in Italy che rappresenta l’eccellenza del nostro Paese nel mondo.

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