La Sardegna è veramente l’isola dei formaggi, vanta un patrimonio ovino di oltre 3 milioni di capi e un numero di caprini che sfiora i 300.000 capi, e si colloca al vertice della produzione italiana dei formaggi pecorini e tra i massimi produttori di formaggi caprini.
Esistono decine di tipologie di prodotti lattiero-caseari sardi tradizionali, dai classici pecorini freschi, semistagionati e stagionati alle ricotte (fresca, salata, mustia) sino alle perette e trecce vaccine (anche i formaggi vaccini sono rinomati qui!), per non dimenticare lu yoddu (yogurt).
Al giorno d’oggi i moderni minicaseifici e caseifici sparsi sull’Isola consentono di produrre straordinari prodotti partendo dal latte di alta qualità sardo, naturalmente ricco di elementi probiotici e nutraceutici grazie alla pratica millenaria del pascolo semibrado e alla ricchezza dei pascoli sardi.
Vi sono aree, come il Marghine, in cui i ricercatori in primavera in pochi metri quadrati hanno individuato oltre 60 tipi di piante diverse, che apportano elementi di alto profilo nutrizionale agli animali al pascolo: ecco perché molti dei prodotti lattiero-caseari sardi stanno rivelando proprietà funzionali importanti, toccasana per il microbiota (microflora) intestinale. Questo è fondamentale nel mantenimento della salute dell’intero corpo e della tenuta del sistema immunitario: così contribuisce a combattere virus e batteri, come ribadito anche recentemente da illustri medici tra cui l’endocrinologo Giovanni Spera.
L’allevamento di ovini, caprini, bovini e conseguentemente la produzione di prodotti lattiero-caseari è plurimillenaria, risalente al periodo prenuragico.
Le fonti storiche medievali mostrano l’esportazione dei formaggi sardeschi alla volta del continente, e citano varie tipologie di formaggi, ivi comprese le perette vaccine, a testimonianza della molteplicità delle produzioni in terra sarda.
In Età moderna, ad esempio, i ricavi dal dazio sull’esportazione di formaggio, lana e cuoio consentivano alla Reale Amministrazione delle Torri (1581), istituita durante il periodo di dominazione Catalano-Aragonese, consentivano di pagare la difesa delle coste sarde dagli attacchi pirati.
Nel primo Settecento il Regno di Sardegna, sotto il casato sabaudo, mantenne un ruolo rilevante nell’allevamento del bestiame e della trasformazione del latte. Infatti le attività nell’Isola permettevano alle casse reali l’incameramento di ben 132.000 lire dalle gabelle corrisposte dai commercianti che esportavano dai porti sardi il formaggio del tipo in salamoia verso Napoli, Livorno e Marsiglia; del tipo delicato alla volta di Genova e Nizza e l’affumicato verso la Corsica e la Riviera Ligure. Le Regie Gabelle del Regno prescrivevano inoltre tariffe daziarie su altre tipologie casearie, quali il formaggio fino ed il formaggio intiero.
Arrivando ai giorni nostri il mercato dei prodotti caseari mostra vivacità e capacità di diversificare il prodotto e innovare i processi produttivi; il Pecorino Romano DOP del resto è il formaggio sardo più esportato al mondo, il Pecorino sardo DOP incarna i grandi saperi dei casari sardi e il Fiore sardo DOP richiama subito alla mente la millenaria sapienza artigianale isolana.