Carni sarde: sane e gustose

by Alessandra Guigoni

La Sardegna è universalmente conosciuta come terra di grandi formaggi ovini, dal famoso Fiore sardo al Pecorino sardo e Pecorino romano, popolata com’è da oltre tre milioni di pecore. Queste oltre a dare un latte sopraffino sono un’importante fonte di carne. La carne d’agnello e la carne di pecora entrano in composizione non solo in numerose ricette tipiche e tradizionali, ma anche in rivisitazioni creative della cucina locale. È questo il caso dello sfizioso hamburger di pecora ad esempio.

Non tutti sanno che la carne di pecora sarda è sana, poco grassa e nutriente poiché le greggi sono tradizionalmente allevate allo stato semibrado, all’aria aperta e nutrite prevalentemente con erbe spontanee. Si tratta quindi di carne di animali da pascolo, che vedono la stalla solo per il ricovero notturno.

Naturalmente secondo l’età della pecora le sue carni vengono cucinate diversamente; la carne più prelibata, tolta quella d’agnello, tenera e delicata, è quella della pecora “saccaia”, che nel gergo dei pastori vale a dire di circa un anno e che non ha ancora partorito.

La carne di pecora viene utilizzata sia in lunghe cotture (bollita, in tegame), arrosto, per preparare brodi sostanziosi in cui cuocere la pasta o imbevere il pane raffermo e farne zuppe.

Il “quinto quarto” dell’animale viene ugualmente utilizzato nella cucina tradizionale, come nella cordula o nella tratalia. La prima, corda (varianti cordula o cordedda), italiano “treccia” per l’aspetto, è ricavata dall’intestino crasso e reticolo di pecora (o d’agnello); la seconda, tratalia o tataliu, è formata principalmente dalla coratella dell’ovino (cuore, fegato, polmoni), intervallando i vari pezzi insieme pezzi di lardo, avvolti con il peritoneo (sa nappa) e l’intestino tenue della bestia. Sia corda sia tratalia si cucinano preferibilmente arrosto sul camino, allo spiedo o sulla graticola. Sa corda viene presentata anche in tegame con i piselli.

Con il brodo di pecora si compongono molte pietanze tradizionali. Due in particolare, su Filindeu, a base di una trama di capelli d’angelo “filati” a mano, sovrapposti in tre strati e lasciati essiccare all’aria; intrisi nel brodo con abbondante pecorino grattugiato sono un piatto tipico nuorese.

La seconda pietanza è la zuppa (sardo suppa) di finocchietto. In questo caso fette di pane raffermo sono insaporite con brodo di pecora, disposte su più strati come lasagne di una pasta al forno, intervallando al pane fette di pecorino o formaggio vaccino (tipo casizolu) e l’immancabile finocchietto selvatico, pianta iconica della cultura gastronomica sarda.

Nella cucina identitaria sarda la carne di pecora viene utilizzata in numerose ricette.

La carne di agnello è una ghiottoneria festiva presente nelle mense a Natale e Pasqua e si prepara in mille modi. Viene accompagnata con le patate (ghisau ‘e patatas), con i piselli, con il finocchietto (fenugu aresti), preparata in umido, arrosto, con fregula e pomodori secchi (a sa mauritana) nel Sulcis, areale della Sardegna sudoccidentale. L’agnello, tra l’altro, è uno dei prodotti IGP (a Indicazione Geografica Protetta) della Regione.

La carne bovina è di grande bontà, allevata com’è all’aperto con ampi pascoli a disposizione e sotto il terso cielo di Sardegna. Duttile e gustosa si può usare in tutte le preparazioni della tradizione (soprattutto stufata, in sardo “ghisadu” dallo spagnolo antico guisado) e i piatti della cucina contemporanea.

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