Chef, persona influente, trend setter, a Cagliari ha aperto un locale particolare e intrigante, ricco di charme
e di proposte, che vanno dal tè con golosità all’aperitivo rinforzato, dal corso di cucina con famosi chef e
pastry chef come ospiti, al fine dining, suo punto di forza.
Qual è la tua visione e missione riguardo alla gastronomia di Sardegna?
Penso che il settore gastronomico in Sardegna sia in forte espansione ed innovazione. Dopo decenni di
monotona staticità nella proposta gastronomica, di livello piuttosto medio-basso, assistiamo ad una
netta inversione di tendenza, lenta ma graduale. Si punta sempre di più ad una ristorazione di qualità e
creatività anche se questo inizialmente può non essere ben accolto dal grande pubblico abitudinario che
fa suo il dictat “mangiare molto spendendo poco”. Ma se non si insiste verso questa strada, non si
cambierà mai niente.
Non ho nessuna missione, se non quella di far stare bene i miei ospiti, attraverso i miei piatti e l’ambiente
che ho creato. Ho scelto di fare ciò che mi rende felice e ciò in cui posso esprimere al meglio la mia
creatività, sperando di riuscire a coinvolgere positivamente chi decide di mangiare da me.
Può l’Isola diventare una destinazione turistica per l’agroalimentare?
Certo. La Sardegna ha un grandissimo potenziale, ha delle materie prime che molti ci invidiano. Ci manca
attualmente la capacità di valorizzarle. In pochi, tra operatori del settore ed enti pubblici, guardano al
futuro e a come potremmo giovarne tutti, se lavorassimo ad uno sviluppo del settore agroalimentare,
sostenendo e favorendo le aziende e diminuendo i mille divieti, le tasse eccessive e gli snervanti
impedimenti burocratici, unendoci verso questo obiettivo comune e non badando solo al proprio
orticello o al proprio tornaconto.
Che progetti hai per il futuro, ce ne vuoi parlare?
Nel mio futuro vedo un continuo miglioramento della proposta gastronomica del mio Upper House e lo
sviluppo del concept anche in altre sedi, qui o altrove.