Gnocchetti sardi: così sono conosciuti nella penisola questa tipologia di pasta secca, così tipica e gustosa, a forma appunto di piccoli gnocchi rigati o conchigliette, di varia dimensione e lunghezza, che cuociono in pochi minuti e danno carattere ad ogni primo piatto di pasta.
La forma italianizzata per capirsi va bene però sull’Isola sono chiamati diversamente, da malloreddus, che è il nome che nel tempo è diventato forse più comune, a cigiones, cicioni, macarrones de punzu, macarrones cravaos secondo le zone.
I malloreddus non mancano mai sulla tavola delle feste, delle sagre, degli eventi più importanti.
E malloreddu cosa significa? Letteralmente “vitello” o “torello”, poiché malloru è il toro. Le ipotesi di etimologia storica si sprecano, una è particolarmente curiosa e si riferisce al modo in cui vengono confezionati.
Dato che i malloreddus vengono fatti dopo aver tagliato un lungo cordolo di pasta in piccoli tocchi e aver abilmente “trascinato” ogni tocchetto su di una superficie rigata, un tempo un cesto di paglia, oggi un moderno rigagnocchi, c’è chi sostiene che il malloreddu derivi da quell’azione.
Ossia che il tocchetto di pasta sia come un vitello che trascina una pietra (trangulu in sardo): così anticamente avveniva la trebbiatura. L’animale aggiogato trainava una pietra sul grano appena mietuto, separando il seme dalla pula e dai residui di paglia. Un famoso autore dell’Ottocento, Vincenzo Porru, del resto, li chiama infatti anche macarronis strangulaus, ossia pasta trascinata, tirata.
Malloreddus: come un torello di pasta trascinato sul cesto di paglia, sino ad arricciarlo in un formato delizioso che abbellisce ogni pastasciutta, adatto a qualsiasi condimento.